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Quarant'anni fa il rapimento di Aldo Moro. Oggi l'Italia sarebbe migliore se fosse andata diversamente

Il 16 marzo di quarant’anni fa alle nove del mattino il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro fu rapito da un commando delle Brigate Rosse, con un’azione pianificata con grande metodo e brutale. I cinque uomini di scorta – i carabinieri Domenico Ricci ed Oreste Leonardi, e gli agenti di polizia Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino - rimasero uccisi sotto la gragnuola di colpi esplosi dai brigatisti, ben 91 in pochi minuti.

Io avevo 26 anni, all’inizio del percorso che mi avrebbe portato alla professione di medico. Ricordo bene quel giorno. La notizia l’appresi da una edizione straordinaria del Tg, condotta da un giovanissimo Bruno Vespa, poco prima delle dieci del mattino. L’emozione fu tanta, unita ad una sensazione quasi di stordimento, oltre che di incredulità. Il clima nel paese era pesante da tempo, ma nessuno avrebbe immaginato che le Brigate Rosse potessero alzare così tanto il tiro: sequestrare il presidente della D.C. e poi ucciderlo – 55 giorni dopo – spietatamente ed abbandonarne il corpo in un’auto. Io non avevo ancora maturato – in quegli anni – una adesione convinta ad un partito politico, per quanto i miei convincimenti di fondo mi portassero a simpatizzare proprio per la Democrazia Cristiana. Quell’episodio, tutto quello che accadde in quegli anni e in quei mesi in particolar modo rafforzarono quel mio convincimento, la voglia di esprimere le mie idee e di militare in un partito che, pur fra tanti limiti e contraddizioni, era il partito in cui era possibile esprimere anche una volontà forte di fare politica per le persone più deboli senza per questo radicalizzare la propria posizione. Aldo Moro, la sua passione politica, la sua cultura, la sua idea di costruire un dialogo, di cercare un punto d’incontro con l’altro grande partito di matrice popolare in Italia guidato da un leader altrettanto illuminato come Enrico Berlinguer era ciò che faceva sentire a noi giovani cattolici che volevano impegnarsi in politica in quegli anni che era possibile, giusto, quasi doveroso farlo. Fu per questo che le Brigate Rosse – che al netto delle tante analisi sociologiche, storiche e politiche degli anni successivi erano degli estremisti sanguinari – decisero di interrompere quel percorso, recidendo fra l’altro senza alcun rimorso la vita di cinque giovani agenti, di rapire il presidente Moro, di sottoporlo a 55 giorni di prigionia e di interrogatori umilianti. Tante e diverse furono le posizioni in quei giorni su cosa fare per cercare di evitare l’assassinio di Aldo Moro, ma le più significative furono quelle di intransigenza del Partito Comunista Italiano e della D.C. e quella, invece, favorevole ad una trattativa del P.S.I. di Bettino Craxi, da meno di due anni alla guida del partito. Erano tutte posizioni comprensibili e rispettabili, quella di comunisti e democristiani dettata dal timore che scendere a compromessi con i brigatisti avrebbe aperto un vulnus ancora più grave nelle istituzioni democratiche che già erano sotto scacco, la posizione del P.S.I. dettata da un approccio più umanitario al drammatico problema della prigionia del leader democristiano. Nel corso di questi 40 anni le inchieste che hanno cercato di chiarire i numerosi misteri, le tante incongruenze intorno a questo atroce delitto sono state molte. Quelle portate avanti dalla magistratura, ma anche in Parlamento ben tre commissioni d’inchiesta hanno lavorato per anni per cercare di ricostruire la verità sull’accaduto. Si è detto – ed è probabile che sia vero – che molti poteri forti ed anche ambienti del partito di maggioranza relativa avessero interesse a che la vicenda finisse nel modo tragico in cui si è poi conclusa; si è detto – ed anche questo è probabile che in parte sia vero – che le B.R. erano infiltrate dai servizi segreti ed in qualche modo eteroguidate. Erano anni terribili, di opposti estremismi e di apparati deviati dello stato che, su impulso di potenze straniere, facevano e disfacevano liste di possibili epurandi nel caso si fosse deciso di dar vita a un colpo di stato militare, il famoso ‘tintinnar di sciabole’ – come lo definì Pietro Nenni - che dal 1964 in poi di tanto in tanto riecheggiava nel Paese. Io non so fino a che punto riusciremo a ricostruire la verità su quegli anni. So, però, che la storia di questi successivi quarant’anni sarebbe stata ben diversa – io credo senza dubbio migliore – se quel percorso di dialogo fra le due grandi forze politiche popolari e fra due giganti quali sono stati Aldo Moro ed Enrico Berlinguer avesse potuto andare avanti.

Tags: estremismo,, brigate rosse, aldo moro, tintinnar di sciabole, rapimento, via fani, terrorismo, compromesso storico, democrazia cristiana , partito comunista, enrico berlinguer, bettino craxi , andreotti

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