Uno sforzo comune per creare città a misura d'uomo

Troppo spesso tendiamo a credere che l’inquinamento atmosferico sia un problema proprio delle grandi città. Nei piccoli centri urbani ci sentiamo più sicuri, convinti in fin dei conti di non correre grossi rischi. Purtroppo, spesso, non è così. E lo conferma, per quanto riguarda il territorio che va da Eboli a Sapri, uno studio epidemiologico condotto dalla Cooperativa Parmenide, una cooperativa di medici di medicina generale di cui faccio parte fin dalla fondazione e che riunisce 168 medici.

Per quanto riguarda il Cilento – patria della dieta mediterranea e, all’apparenza, luogo assolutamente incontaminato – lo studio, iniziato nel 2014, evidenzia una significativa incidenza di patologie tumorali. I dati più recenti sono aggiornati alla fine del 2017, e sono stati rilevati – attraverso il database comune dei medici aderenti alla cooperativa salvaguardando l’assoluta privacy dei pazienti – su una popolazione di quasi 200.000 persone, oltre il 50 % dei pazienti assistiti in quelle aree. Lo studio ha analizzato la prevalenza della malattia neoplastica – e cioè il numero di persone viventi con diagnosi di tumore – e la sua incidenza, ovvero il numero delle nuove diagnosi di tumore in un dato arco temporale. I dati che sono emersi evidenziano una media di prevalenza ed incidenza delle patologie tumorali assolutamente in linea con la media nazionale, e cioè rispettivamente del 5% e dello 0,70 % in percentuale sulla popolazione. Questo dato preoccupa, perché ci si attenderebbe, in aree priva di grandi insediamenti industriali, una media di presenza di queste patologie inferiore a quella nazionale. Ed è un dato che deve richiamare l’attenzione di noi tutti – in primo luogo degli amministratori locali – sulla necessità di tenere alta l’attenzione sulla possibile presenza nel territorio di sversamenti illeciti di rifiuti, di eternit, e massima la vigilanza sulle discariche e sugli impianti di trattamento, sia su quelli tutt’ora funzionanti sia sulle discariche e sugli impianti operanti in queste aree nei decenni passati. Del resto, sappiamo da inchieste degli scorsi anni che alcune aree del Vallo di Diano e della Piana del Sele non sono state immuni dalla presenza di discariche, sia abusive che apparentemente regolari, ma gestite in logica emergenziale. Oltre a questa attività di vigilanza e di attenzione che è fondamentale, io penso che vada messa in campo una pluralità di strategie. Vanno incrementate sempre di più le attività di prevenzione e di screening precoce delle principali patologie, ma soprattutto quello che va fatto è provare a far partire, in aree come la nostra che hanno anche un clima mite e caratteristiche naturali che potrebbero favorirla, una vera e propria rivoluzione culturale e del modo di vivere, di affrontare il proprio quotidiano. Va benissimo l’attenzione al cibo, e su questo – grazie alla rinascita della dieta mediterranea – grandi passi in avanti si stanno facendo. Ma altrettanta attenzione va posta agli stili di vita, al risparmio energetico, al limitare sempre di più l’uso dei veicoli a motore. E su questo lancio un appello agli amministratori locali, di questo e degli altri comuni del territorio: sappiate programmare il futuro! Un futuro non fatto – come troppo spesso accade – di nuovo cemento. Un futuro fatto di più piste ciclabili, di interventi di riammodernamento del patrimonio edilizio in chiave biocompatibile, di città e piccoli centri sempre più smart e che promuovano l’utilizzo di biciclette e auto elettriche. E questo può essere fatto a partire da piccoli accorgimenti, come del resto ci chiede l’Europa in vista dell’obiettivo di ridurre del 20 % nel corso degli anni l’impatto ambientale dei nostri consumi energetici, e lo fa partendo dai comuni. Perché non immaginare i comuni del territorio che si consorziano, una volta tanto, non per immaginare soltanto insediamenti industriali potenzialmente inquinanti ma per promuovere economia green? E perché questi comuni non si attrezzano, rapidamente, per sostituire il proprio parco auto e mezzi con un parco auto ad impatto ambientale minore? Così facendo, dotandosi essi stessi di auto, motocicli e bici elettriche o – per quanto riguarda la Polizia Locale e i trasporti pubblici – di mezzi ibridi, renderebbero possibile l’installazione di una rete di colonnine elettriche sul territorio, e questo a sua volta sarebbe di incentivo ai privati cittadini per dotarsi di mezzi a basso impatto energetico. I comuni potrebbero, ancora, dotarsi di biciclette elettriche da mettere a disposizione in modalità diffusa e a rotazione ai propri concittadini. I finanziamenti pubblici per investire sul futuro ci sono, basta saperli cercare ed avere idee, ed il coraggio di applicarle, a partire da una chiusura al traffico dei nostri centri storici che è doverosa ed ineludibile, ma che da troppi anni viene rinviata.

Stampa

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookies Policy.