La tragedia di Genova fa emergere la pochezza di questa classe politica

A Genova una delle più impressionanti tragedie dell’ultimo decennio. Il crollo del Ponte Morandi sull’A10 ha distrutto in un attimo molte vite innocenti, ed ha aperto un interrogativo sulla sicurezza delle nostre infrastrutture, sulle strade e autostrade che percorriamo ogni giorno per andare al lavoro, per viaggiare. Un vulnus terribile.

Con tutto ciò che ne consegue in termini di dubbi sulla corretta manutenzione delle migliaia di strutture in cemento armato che hanno oltre i quaranta o cinquant’anni di vita. Ma lo spettacolo che ha dato di sé l’intera classe politica italiana di fronte a una tragedia del genere è miserrimo, indecente, penoso. Non si è atteso neanche il termine della conta dei morti e dei feriti. Non si è atteso che i soccorritori terminassero il loro terribile lavoro di scavo fra le macerie che già si dava vita a un teatrino squallido di accuse sguaiate e repliche altrettanto volgari fra maggioranza giallo-verde e i precedenti governi a trazione renziana. Ovviamente sui social network, questo moderno luogo del nulla che diventa sempre più il teatro dell’agone politico, fra ministri che fanno i selfie ed ex leader di governo che twittano minacciose risposte e chiedono a gran voce un argine alle fake news, a quelle degli altri! Nel frattempo, il triumvirato giallo-verde si è riunito in prefettura a Genova e, senza un attimo di riflessione, ha iniziato a sbraitare contro la società che gestisce buona parte della rete autostradale italiana, Autostrade per l’Italia, privatizzata negli anni ’90 ed il cui azionista di riferimento è la famiglia Benetton. Ad Autostrade per l’Italia anche la concessione relativa all’A10 e ad essa spetta, dunque, la manutenzione di quel tratto che include il Ponte Morandi. Il Governo Conte – Di Maio – Salvini ha annunciato la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, una strada difficilmente percorribile in assenza di contestazioni e addebiti precedenti alla tragedia, e che apre ad un contenzioso potenzialmente devastante per i conti pubblici. Ma quel che spaventa è il modo con cui ormai si prendono decisioni e si paventano provvedimenti. Essi vengono prima annunciati e poi, soltanto dopo e soltanto talvolta messi in pratica, magari in modo totalmente diverso da come erano stati annunciati. Lo stesso comunicato del premier Conte è surreale, infarcito com’è di parole poco istituzionali come il verbo ‘costringere’, usato diverse volte in poche righe con riferimento a tutte le concessionarie autostradali. Il Governo Conte non ordina, non decreta, non decide. Costringe. Dall’opposizione – nel frattempo – sono giunte reazioni scomposte al mare di fango che pure le è stato scagliato addosso, dimenticandosi che la solfa del “è tutto colpa di quelli di prima” riesce a tenere buono il popolo al massimo per i primi due anni di governo, poi si rivela per quello che è: una semplicistica balla. Ma anche lì: Renzi che si scatena su Facebook e su Twitter, i suoi sodali che si abbandonano – sempre sui social – ad uno sciocchezzaio davvero mortificante, invece di richiamare alla doverosa decenza ed al rispetto verso chi soffre. Persino il funerale di Stato – per oltre la metà delle vittime le famiglie hanno scelto, vivaddio, i funerali in forma privata – è diventato luogo di polemica, di applausi e passerelle. Per questo Paese, se si continua così, temo davvero ci sia poca speranza.

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