Finalmente uno spiraglio di verità sulla morte di Stefano Cucchi

Tutti noi conosciamo la vicenda drammatica di Stefano Cucchi, il giovane morto nel 2009 durante la custodia cautelare in carcere, a seguito di un arresto per una presunta attività di spaccio. La vicenda la conosciamo grazie al coraggio ed alla tenacia di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, che in questi lunghissimi nove anni non ha mai smesso di lottare per la verità sulla morte del fratello.

Dopo la denuncia presentata a seguito della morte di Stefano avvenuta dopo sette giorni dall’arresto, inizia un lunghissimo calvario giudiziario, nel corso del quale vengono messi sotto inchiesta i medici che avevano visitato il giovane in carcere, le guardie carcerarie, i carabinieri che avevano proceduto all’arresto ed alla prima custodia. Per anni si cerca la verità, e per anni essa viene negata. La vicenda è stata anche oggetto di un bel film – “Sulla mia pelle”, realizzato con la regia di Alessio Cremonini e in cui Stefano ed i suoi ultimi sette giorni di vita sono magistralmente interpretati da Alessandro Borghi. “Sulla mia pelle” è stato presentato alla LXXV edizione della Mostra del Cinema di Venezia. I primi processi si concludono con un nulla di fatto, poiché la condanna inferta in primo grado ai medici che avevano avuto in cura Stefano nei suoi ultimi giorni di vita presso l’Ospedale “Sandro Pertini” viene annullata in secondo grado di giudizio. Nel frattempo, però, la Procura della Repubblica di Roma – su fortissimo impulso della famiglia e di Ilaria Cucchi - apre un altro fascicolo di indagine, ed in questo caso i sospetti puntano sui carabinieri che avevano prima proceduto all’arresto e poi alla prima custodia del giovane. Un ragazzo che, al momento dell’arresto era già in stato di denutrizione: pesava infatti soltanto 42 kg a fronte di un’altezza di 1 metro e sessantadue centimetri. Per anni, però, l’inchiesta non riesce a provare inconfutabilmente le responsabilità dei carabinieri che avevano tratto in arresto il ragazzo. Poi, pochi giorni fa, il colpo di scena: il carabiniere Francesco Tedesco ammette – in occasione della testimonianza che era stato chiamato a rilasciare – il pestaggio forsennato del giovane Cucchi, e chiama in causa i suoi colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Secondo Tedesco il pestaggio è stato duro e violento, e lui avrebbe anche più volte chiesto ai due colleghi di fermarsi. E pure, in questi anni, non sono mancate le polemiche sulla vicenda, con politici di primo piano come Carlo Giovanardi e lo stesso Ministro degli Interni Salvini che si sono più volte scagliati contro Ilaria Cucchi e la famiglia del ragazzo, accusandoli quasi di voler buttare fango sulle forze dell’ordine. E invece questa vicenda tocca un nervo scoperto, ed è un qualcosa di delicato in uno stato che vuole continuare ed essere davvero democratico: a fronte della stragrande maggioranza dei rappresentanti delle forze dell’ordine che svolgono ogni giorno il proprio lavoro con abnegazione e sacrificio, emergono casi, ancor oggi, di caserme dove avvengono fatti indegni di uno stato democratico. Un fatto è certo: chi viene affidato alla custodia dello Stato – fosse anche un criminale pericoloso – deve essere tutelato nella propria incolumità fisica. E politicanti come Giovanardi e Salvini dovrebbero avere il coraggio di chiedere scusa. Ma questo, purtroppo, siamo sicuri che non accadrà.

Stampa

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookies Policy.