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Nel centenario della I Guerra mondiale si riaffermi una idea di Europa che abbia la cento il progresso e lo sviluppo sociale

Oggi 4 novembre ricorre il centenario della fine della I guerra mondiale, la Grande Guerra definita da Papa Benedetto XV “inutile strage”. In una interessante intervista pubblicata sul Corriere della Sera, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha approfondito questo delicato argomento, inquadrandolo in un’ottica di scenario storico complessivo: “ll ‘Secolo breve’ – di cui simbolicamente la prima guerra mondiale ha segnato l’inizio - si è presentato con la più dolorosa delle eredità: dieci milioni di morti nella sola Europa.

Nulla, dopo la guerra, poteva tornare come prima. La fine di grandi imperi, la rivoluzione in Russia, l’intervento degli Stati Uniti in territorio europeo, la moltiplicazione degli Stati nazionali, la degenerazione di alcuni movimenti nazionalistici verso forme estreme di intolleranza e di pretese di predominio sulle persone e sugli altri popoli”. Al contempo, però “Il 4 novembre 1918 è il giorno della piena conquista dell’Unità d’Italia, con Trento e Trieste, al prezzo di centinaia di migliaia di morti, di un milione di feriti e mutilati, di seicentocinquantamila prigionieri di guerra. Di sofferenze immani, di straordinari eroismi, di disciplinato impegno, anche da parte della popolazione civile la cui vita fu, per tutto il conflitto, quasi militarizzata. La guerra fu vinta e questo contribuì a rafforzare lo spirito della Patria, che non era di parte e tantomeno di una parte sola, quella interventista, bensì era il portato di un nuovo senso di cittadinanza. La mobilitazione generale, la divisa, la trincea; la condivisione dei sacrifici e dei dolori nel “fronte interno” avevano aiutato a formare una nuova consapevolezza dell’essere italiani”. Sono due aspetti, questi, che soltanto in apparenza e ad una analisi superficiale possono sembrare contraddittori. I mostri ideologici dei totalitarismi fascista e nazista nacquero, difatti, anche come reazione a quei sentimenti che piombarono sul Vecchio Continente. In Germania, Hitler costruì la sua fortuna politica – e la devastazione dell’Europa – sul sentimento di rivalsa e di ingiustizia covato dai tedeschi. In Italia, invece, si giocò sulla idea – non rispondente al vero – di ‘vittoria mutilata’. Ma per Sergio Mattarella – e noi con lui ne siamo convinti – gli anni ’20 e ’30 non torneranno: “non temo la ricomparsa degli stessi spettri del passato, pur guardando con preoccupazione a pulsioni di egoismi e supremazie di interessi contro quelli degli altri: sarei allarmato da un clima in cui, più che concorrenza, si sviluppassero contrasti, poi contrapposizioni, quindi ostilità, ponendosi su una china di cui sarebbe ignoto ma inquietante il punto finale. Ma l’Europa si è consolidata nella coscienza degli europei, molto più di quanto non dicano le polemiche legate alle necessarie, faticose decisioni comuni nell’ambito degli organismi dell’Unione europea”. Certo, quello che sta accadendo negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi in molti paesi europei non è incoraggiante, partendo dall’Italia del governo a guida populista ai tanti altri stati in cui la destra più estrema sta avendo successi che pongono in discussione scelte di civiltà che parevano consolidate e l’idea stessa di Europa quale luogo di pace, tolleranza, prosperità. Dall’Austria ai paesi dell’Est come la Polonia ma un po’ ovunque spira un vento di destra, una destra che solletica le corde mai sopite del tutto dell’intolleranza, di una inapplicabile e ridicola autarchia, di scelte isolazioniste. Noi speriamo davvero che sia una fase transitoria e che – come afferma il nostro Presidente della Repubblica – l’idea di Europa che si è affermata negli ultimi 70 anni sia ormai dentro le coscienze dei cittadini, come antidoto innanzitutto a tutte le pulsioni e derive autoritarie o, più banalmente, populiste e sovraniste. Ma è una battaglia, quella della riaffermazione di una idea di Europa e di una idea di società che abbia al centro ideali di progresso e sviluppo sociale, che va combattuta – da noi tutti, ogni giorno.

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