C'è un Sud che, nonostante i problemi, vince

C’è un Sud che vince. È quanto è emerso lo scorso 7 dicembre, nel corso di un interessantissimo dibattito svoltosi a Napoli ed organizzato dal quotidiano ‘Il Mattino’ che ha visto la partecipazione, fra gli altri, del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, autore del recentissimo libro “Anni difficili. Dalla crisi finanziaria alle nuove sfide per l’economia”, edito da ‘Il Mulino’.

Nel corso del convegno sono stati presentati i risultati della ricerca del Centro Studi per il Mezzogiorno di Intesa San Paolo, diretto dall’economista Massimo De Andreis. E ne è uscito un quadro interessante, che fa giustizia dei tanti, troppi luoghi comuni che riguardano il Mezzogiorno. E che, soprattutto, conferma un dato: un’Italia senza il Sud sarebbe monca, anche dal punto di vista economico, oltre che politico e sociale. Quello che si desume è che sono presenti, al Sud, molte realtà imprenditoriali innovative e competitive, in grado di assumere rilievo anche nel quadro della competizione in ambito di export verso l’estero. Agroalimentare di qualità, ma anche poli tecnologici di rilievo e centri ed impianti manufatturieri all’avanguardia. A fianco a questi aspetti positivi – in un quadro che è di luci ed ombre – il perdurare di condizioni difficili e che mettono a dura prova il tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno: una burocrazia lenta e farraginosa, infrastrutture fisiche e digitali insufficienti ed, in certe aree più interne, assolutamente carenti. I problemi, in buona sostanza, che frenano lo sviluppo anche nel resto d’Italia, soltanto che qui sono più evidenti ed incisivi. Cui si affianca un problema che pure sta, negli ultimi decenni, espandendosi nel resto del Paese, e cioè la presenza di una criminalità organizzata che è il vero freno dell’economia. La ricetta per confermare i poli d’eccellenza che pure ci sono e per garantire un maggior tasso di crescita e, dunque, di occupazione – il vero grande dramma del nostro Sud Italia – è da una parte quella di rimuovere per quanto possibile gli ostacoli allo sviluppo. E dunque creare infrastrutture efficienti, modernizzare la Pubblica Amministrazione ma anche aiutare le imprese a modernizzarsi sempre di più, come in parte si è tentato di fare con le misure di Industria 4.0. Dall’altra combattere per liberare il territorio dalla presenza della criminalità organizzata, e preservarne le straordinarie caratteristiche ambientali, paesaggistiche e culturali, ponendo un freno a qualsiasi intento speculativo ed al consumo dissennato del suolo. E investire sul Welfare, come purtroppo per molti anni non si è fatto, se non con misure parziali. Anche come azione di contrasto alla pericolosissima desertificazione demografica dei piccoli centri urbani. Purtroppo – e qui la nota dolente – non sembra che la direzione dell’attuale Governo sia quella di investire seriamente in politiche di sviluppo per il Mezzogiorno. Ma, piuttosto, quella di speculare politicamente sulla situazione di disagio vissuta da tanti nuclei familiari, attraverso politiche in parte assistenzialistiche in parte di scarsa realizzabilità, e che in ogni caso non mettono mano ai veri problemi del territorio. Un ultimo grande rischio, nella dissennata lotta in corso fra Governo ed Unione Europea sulla manovra finanziaria, è quello delle possibili sanzioni, il cui prezzo sarebbe pagato in massima parte dal Sud. È qui, infatti, che l’azione dei fondi europei è da tempo sostitutiva della carenza di fondi nazionali, ed una loro riduzione avrebbe un impatto devastante.

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