L'appello ai liberi e forti è ancora attuale, e deve ispirare l'impegno in politica dei cattolici democratici

“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”. Fu questo l’incipit, il 18 gennaio del 1919, dell’appello scritto da Don Luigi Sturzo per richiamare i cattolici all’impegno civile, sociale e politico.

Fino a quel momento, infatti, a seguito delle vicende relative all’unificazione dell’Italia, vigeva la dottrina del non expedit, in ragione della quale ai cattolici italiani era vietato di impegnarsi nelle istituzioni dell’allora Regno d’Italia. È un testo, quello dell’”Appello ai liberi e forti”, che, a distanza di cento anni, appare ancor oggi fresco di suggestioni e di spunti di riflessione importanti. Anche per mondi che, all’apparenza, non sono prossimi alle tradizioni del cattolicesimo democratico italiano. Nicola Zingaretti, candidato alla segreteria del Partito Democratico proveniente dalla tradizione della sinistra di formazione marxista, ha scritto che "emoziona e fa impressione" la rilettura di questo Appello. E qui, io credo, è necessaria una riflessione sulle vicende politiche dell’oggi. In uno scenario onestamente inquietante, che vede da un lato l’esperienza dei cattolici democratici in politica dispersa in mille rivoli, nessuno dei quali in grado di lasciare il segno sulle vicende umane, politiche e sociali che stiamo vivendo. E con il continuo appellarsi, di contrasto, a valori religiosi posto in opera da leader politici esclusivamente a fini di propaganda, in netto contrasto con l’azione politica messa in campo. Emblematico è, a questo riguardo, il gesto che io trovo quasi blasfemo di un attuale governante di spicco che, alle scorse elezioni, giurò sul Vangelo, salvo poi mettere in pratica decisioni politiche che dovrebbero produrre repulsione in ogni buon cattolico. Io sono convinto che lo spazio per l’impegno in politica di chi, come me, si sente di appartenere con coerenza alla tradizione politica dei cattolici democratici, improntata a sentimenti di umanità, solidarietà, amore verso il prossimo e soprattutto verso chi soffre di più, vi sia oggi più che mai, in un tempo in cui la cultura becera dell’egoismo sovranista sta, purtroppo, prevalendo, scatenando guerre fra i più poveri i cui frutti avvelenati vedremo riproprorsi negli anni a venire. E credo che, nonostante tutti i limiti mostrati in questi anni e tutt’ora, quello spazio di azione politica sia principalmente in quelle forze politiche del centrosinistra riformista, a partire dal Pd. Certo, purché esse sappiano ritrovare un linguaggio ed una prassi di connessione politica e, direi, forse anche ‘sentimentale’, con quel popolo che avrebbero la missione di rappresentare. Confido molto nella capacità del Partito Democratico di ritrovare – dopo i recenti disastri politici – una linea di azione seria e capace di riannodare quei fili, di rimettere in campo una azione a tutela delle classi sociali più deboli, oserei dire con un termine un po’ desueto delle classi popolari. Ma questo necessariamente dovrà passare, a mio avviso, attraverso una cesura netta con gli errori gravi degli ultimi anni. Il mio consenso di cittadino libero andrà – fra i numerosi candidati a guidare quel partito - ,senza dubbio, a chi saprà meglio interpretare lo spirito ed i contenuti nobili di quell’appello scritto un secolo fa, ma ancora attuale.

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