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Dopo mesi di lotte, licenziati 65 operai della Treofan

Mesi di lotte, di proteste dei lavoratori della Treofan di Battipaglia, da tempo acquisita dalla multinazionale indiana Jindal, culminati nella decisione da parte del gruppo industriale di dismettere le attività dello stabilimento di Battipaglia e di avviare le procedure di licenziamento collettivo di 65 operai.

E questo nonostante i conti dell’azienda fossero in ordine, e la produttività a livelli ottimali. Nelle scorse settimane abbiamo assistito alla presenza, davanti ai cancelli dell’azienda, di quasi tutti i parlamentari del territorio ed, in ultimo, si era registrata anche la presenza anche del Vicepremier Di Maio, ministro del Lavoro, in visita allo stabilimento lo scorso 26 dicembre. Ma nulla, la proprietà dello stabilimento è andata avanti per la sua strada, ed a nulla sono valsi i tavoli di confronto presso il Ministero dello Sviluppo Economico. E questo denuncia una sola cosa: l’assoluta debolezza dei sindacati e dei partiti politici, la loro scarsa capacità di incidere. E l’ancora più evidente incapacità del Governo italiano di farsi rispettare, di esercitare il proprio ruolo di direzione delle politiche di sviluppo economico in modo convincente ed autorevole. Intanto, Battipaglia e la Piana del Sele continuano a perdere insediamenti produttivi, e le famiglie a perdere i posti di lavoro che consentono loro di vivere con dignità, di crescere i propri figli e di garantirgli un futuro migliore. È davvero disarmante quello che accade sotto i nostri occhi, il continuo svuotamento di un tessuto produttivo che, fino a non molti anni or sono, era uno dei fiori all’occhiello del Sud Italia. I lavoratori non si arrendono: soltanto ieri – lo abbiamo letto dai giornali – hanno interrotto un convegno sull’ambiente in corso presso il Comune di Battipaglia e, alla presenza della sindaca Cecilia Francese e del vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola oltre che di numerosi parlamentari della zona, hanno chiesto a gran voce di rilanciare l’iniziativa politica per costringere il gruppo indiano sui suoi passi, o almeno per convincerlo a cedere il controllo dello stabilimento a potenziali acquirenti che abbiano la volontà di portare avanti l’attività produttiva. Io credo che questa lotta vada sostenuta da tutti, dai cittadini comuni in primo luogo, e che i politici dovrebbero provare, ora più che mai, invece a fare meno passerelle e ad impegnarsi fino in fondo a tutela dei posti di lavoro.

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