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L'efficienza del Servizio Sanitario Nazionale messa sempre più in discussione dalle scelte dei governi

Dal prossimo 21 marzo saranno esauriti del tutto i budget assegnati dalla Regione all’Asl di Salerno per le visite ambulatoriali e gli esami diagnostici effettuati presso laboratori convenzionati. Per alcui esami specialistici – ad esempio per la medicina nucleare – il budget assegnato per il trimestre risultava esaurito già dallo scorso 12 febbraio. È una storia, questa, che si ripete puntualmente ogni anno, e che si aggrava mano a mano che si arriva all’ultimo trimestre, quando di sovente le risorse disponibili si esauriscono già nel corso della prima metà del mese di novembre.

Effettuare, poi, quegli stessi esami presso gli ospedali pubblici ha tempistiche troppo spesso lunghissime, non di rado incompatibili con le necessità dei pazienti, che hanno bisogno di effettuare quegli accertamenti per poter essere sottoposti alle cure necessarie. Ma cosa causa tutto questo? Senza dubbio una insufficiente capacità di programmazione delle risorse, che andrebbero adeguate ai reali fabbisogni. Ma – e questo è più grave e ben più difficile da risolvere – anche l’insufficienza di quelle stesse risorse, che anno per anno sono state ridotte dal governo centrale che ha utilizzato il budget sanitario, fra gli altri, per rispettare i parametri di bilancio ed evitare lo sforamento del deficit pubblico oltre quanto già previsto. Non a caso le attività di spending review hanno visto tagli estremamente significativi, nel corso degli ultimi anni, alle risorse dedicate al Servizio Sanitario Nazionale. E questi tagli molto spesso sono stati ‘lineari’, hanno riguardato cioè indiscriminatamente tutte le risorse finanziarie destinate al comparto, incidendo solo in minima parte sugli eventuali sprechi o sulle possibili razionalizzazioni della spesa. L’altro grande problema è costituito dalle modalità di assegnazione delle risorse alle varie regioni, perché i parametri che presiedono a tali scelte sono molto spesso penalizzano il Sud Italia. Dal 2013 il meccanismo dei cosiddetti ‘costi standard’, difatti, fortemente voluti dalla Lega e dall’allora Ministro Calderoli, pesa la popolazione delle regioni per fasce d’età, favorendo quelle regioni che hanno più anziani in rapporto agli abitanti, che sono essenzialmente le regioni del Nord. E non vi è un riequilibrio sufficiente che tenga conto del peso, nella popolazione regionale considerata, delle singole patologie. A tutto questo si aggiunge l’annoso problema del commissariamento, per la Sanità, di quelle regioni che storicamente sforavano i budget assegnati. Commissariamento fino ad oggi affidato – responsabilmente – agli stessi presidenti delle regioni interessate, ma che un emendamento dei 5 Stelle prevede sia assegnato dall’anno prossimo – per ragioni eminentemente politiche – a soggetti terzi rispetto alle amministrazioni regionali. È un quadro a tinte fosche, nel quale un possibile aggravamento sarà dato dalla cosiddetta autonomia differenziata delle regioni, che rischia di dividere ancora di più il Nord dal Sud Italia anche in termini di qualità dei servizi pubblici e che pone in discussione, per la prima volta, i principi di sussidiarietà e complementarietà dell’azione pubblica, volti a garantire parità di trattamento a tutti i cittadini della Repubblica.

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