Le primarie del Partito Democratico possono essere un nuovo inizio

Domenica 3 marzo si sono svolte le primarie del Partito Democratico. Con una buona affluenza, e con un risultato assolutamente ragguardevole del neo segretario Nicola Zingaretti, che ha raccolto in tutta Italia oltre un milione di preferenze, superando di gran lunga – all’incirca il 70 % dei consensi – gli altri due candidati, il reggente Martina e Giacchetti. Anche in Campania ed in provincia di Salerno, dove pure il presidente della Regione Campania sosteneva Martina, il risultato di Zingaretti è stato considerevole.

In provincia di Salerno, in particolare, abbiamo assistito ad un testa a testa, conclusosi con pochi punti di distacco in favore di Martina e con diversi collegi in cui Zingaretti ha prevalso. In ogni caso, abbiamo assistito ad un confronto interessante, fra candidati tutti e tre più che dignitosi, ed è stato, nel complesso, un bel momento per il Partito Democratico, dopo mesi di un incessante logorio seguito alla drammatica sconfitta dello scorso anno. Io ho votato alle primarie, ed ho invitato a farlo. Perché credo che un Partito Democratico più forte, in grado di intervenire sugli argomenti concreti e di ricostruire il proprio radicamento nella società sia un valore aggiunto per l’intero centro-sinistra e per l’Italia. A distanza di dieci mesi dall’insediarsi del governo giallo-verde, infatti, abbiamo assistito a un mare di promesse contraddittorie, ad un preoccupante clima di xenofobia alimentato ad arte da Salvini e dalla Lega, e ad una imbarazzante azione di governo da parte dell’alleato a 5 stelle che, nonostante sia riuscito a portare – almeno in apparenza – a casa il reddito di cittadinanza, appare in piena crisi di credibilità e di consensi. Salvini, invece, capitalizza da un lato il suo essere uomo di destra a tutto tondo – non disdegnando di fare l’occhiolino alle peggiori e più imbarazzanti forze politiche europee come i lepenisti in Francia e i sovranisti xenofobi polacchi – e dall’altro porta a casa cose concrete per il suo vero zoccolo elettorale: misure per il condono fiscale e un regionalismo differenziato che è, in realtà, il cuneo per mettere in discussione l’intero assetto democratico e sociale del Paese. In un contesto tanto scoraggiante – e l’approssimarsi delle elezioni europee non farà altro che alimentare la tensione e la gara a chi la spara più grossa – il fatto che il Pd dia mostra di esistere e di avere la capacità di riorganizzarsi è un buon segno, purché sappia fare tesoro dei drammatici errori del recente passato. E io credo che una delle doti di Zingaretti sia quella di essere un uomo in grado di lavorare con tenacia, nei prossimi anni, per riorganizzare con pazienza quel partito, aprendosi all’intero centrosinistra. E in questa direzione sembra andare anche la prima assemblea degli iscritti, che si è svolta ieri e che ha ratificato la nomina di Zingaretti a segretario nazionale. In questa occasione il nuovo leader del Pd ha posto l'accento con determinazione sulla necessità di riformare profondamente il partito. Il percorso sarà lungo e difficile, ma io sono fiducioso.

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