L'integrazione è arricchimento ed è una scelta obbligata

Sulla scia del discorso intrapreso sulla situazione della sanità locale, questa settimana vorrei dedicare un approfondimento al tema dell'integrazione dei cittadini extracomunitari partendo dalla preziosa riflessione lanciata dal giornalista Vito Pompeo Pindozzi in occasione della lectio magistralis che ha tenuto venerdì scorso qui a Eboli. Una riflessione che ha affrontato temi fondamentali, che appartengono a quel rispetto della dignità umana che noi tutti dovremmo sempre avere quale stella polare del nostro pensare e del nostro agire. A Eboli vivono quasi 10.000 persone di origine straniera, fra comunitari ed extracomunitari, fra regolari e non regolari. Diecimila persone che, in larghissima parte, coltivano le nostre terre, accudiscono i nostri anziani, svolgono i lavori più umili. Ci sono due modi soltanto, io credo, di affrontare un’onda che è inarrestabile, perché profonde sono le ragioni che determinano i vasti movimenti migratori e perché è evidente che un paese che per tre quarti affaccia sulle coste del Mediterraneo difficilmente può immaginare di arginare il fenomeno se non a duro prezzo, in termini di significative rinunce alle regole di civiltà più elementari. Il primo modo è quello di farsi prendere dalla paura, di cercare di respingere chi, per abitudini lingua e religione si percepisce come diverso, come altro da noi. Ovvio, in questo approccio lo straniero, “il barbaro” - per i greci barbaro era di derivazione onomatopeica, laddove i barbari erano coloro che si esprimevano con parole incomprensibili – è quello che vuole ‘imporci’ i suoi costumi e le sue convinzioni, che viene a rubarci il lavoro. E c’è chi – dimentico di quanti italiani siano nel corso dello scorso secolo emigrati in cerca di una vita migliore – su questi sentimenti primordiali getta benzina sul fuoco, è il caso delle ormai xenofobe e lepeniste posizioni di Matteo Salvini e dei suoi accoliti. C’è poi il secondo modo, il modo – che è anzitutto però una disposizione dello spirito, un moto di apertura verso l’altro da sé – dell’accoglienza, quella vera. A questa seconda posizione, credo, si può pervenire però anche attraverso la ragione. Pensando, ad esempio, che in un paese che, com’è l’Italia, invecchia sempre di più, queste persone mantengono vivi i nostri centri storici, svolgono lavori che tanti nostri concittadini non vogliono assolutamente più svolgere e –ma questo nessuno lo dice – con le tasse – parlo in questo caso dei residenti regolari – prodotte dal loro lavoro e con i contributi che versano rendono possibile che alcuni servizi pubblici non vengano tagliati ulteriormente e che le pensioni vengano pagate. Qualcuno lo dice – lo ricordava appunto l’ottimo maestro di giornalismo Vito Pompeo Pindozzi nella lectio – che già oggi 600.000 pensioni di anziani italiani sono pagate grazie ai contributi di lavoratori stranieri? Certo, la presenza di forti concentrazioni di persone straniere in aree geograficamente limitate porta immancabilmente a problemi di convivenza e di difficoltà di integrazione. A Santa Cecilia, a Corno d’Oro, lungo la nostra litoranea gli stranieri che vivono in condizioni precarie, al limite della sopravvivenza, sono migliaia. Ma chi è che affitta loro baracche indecenti e prive di servizi, chi li sottopaga per coltivare le nostre terre? Spesso le stesse persone che poi levano alte grida di indignazione! E non dimentichiamo inoltre che se queste persone d’improvviso partissero tutte nuovamente alla volta dei loro paesi d’origine, l’economia del nostro territorio, fondata essenzialmente sull’agricoltura, collasserebbe, imploderebbe letteralmente. Oggi i problemi dell’integrazione vanno affrontati, con spirito di accoglienza e con intelligenza. A questo proposito – lo accennavo la scorsa settimana parlando di sanità – è un esempio di modo serio ed intelligente di affrontare il problema dell’immigrazione lo sforzo che sta facendo il Ministero dell’Interno per rafforzare molti servizi dell’ospedale Santissima Maria Addolorata di Eboli, primo punto di riferimento per l’assistenza sanitaria ai migranti nella Piana del Sele. E questo va fatto non solo perché è giusto, è doveroso, è profondamente etico farlo, ma anche per tutelare noi stessi: un focolaio di una malattia infettiva non diagnosticata per tempo – ad esempio la tubercolosi – sarebbe difficile da arginare senza adeguate politiche sanitarie. Un’ultima riflessione vorrei dedicarla a un tema che, in comune con quello che sto trattando, ha la paura di fondo, l’irrazionalità che troppo spesso contraddistingue il nostro modo di agire e di pensare. Parlo di questa indecente proposta di legge di iniziativa popolare che mira a riformare in senso peggiorativo, ed ulteriormente, le norme che regolano la legittima difesa. In Italia, oggi, i principi volti a consentire al cittadino di difendersi in modo proporzionale rispetto al pericolo che eventualmente corre sono già affermati nella legge e nella giurisprudenza. Quello che la proposta di legge propone, invece, è il far west, una sorta di legge del taglione che non gioverebbe neanche a chi immagina in tal modo di potersi meglio difendere. I principi di diritto vanno rispettati e difesi, anche quando sembra più comodo non farlo. Mi ha stupito molto, a questo proposito, l’iniziativa presa dai sindaci di Eboli e di Campagna di far affiggere in giro per la città manifesti a propria firma nei quali pare essi sposino acriticamente la proposta di legge sulla legittima difesa. Spero davvero siano stati malconsigliati, che non abbiano letto con attenzione il testo di quella ipotetica riforma.

Tags: immigrati,, sanità,, valori,

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