Eliminare il pericolo amianto dalla nostra città
Questa settimana voglio affrontare un tema delicato ed importante, che si interseca con il possibile riutilizzo a fini collettivi di aree abbandonate della nostra città. Parlo di un problema grave, che meritoriamente il comitato cittadino “Togliamoci l’amianto dalla testa” pone con forza all’amministrazione comunale e a tutti noi cittadini: la presenza di fibre di amianto in edifici e complessi produttivi in disuso. C’è il caso, eclatante, dell’ex Apoff a Santa Cecilia, le cui condizioni destano grande preoccupazione, e che fra l’altro risulta essere utilizzata come rifugio di fortuna da molti migranti cui non si riesce a fornire alternative più degne e civili. Lì la presenza di amianto in condizioni di conservazione assolutamente precarie è molto diffusa, e parliamo, dunque, di una vera e propria bomba ecologica che va disinnescata, per tutelare la salute dei residenti nella popolosa frazione della nostra città. Le norme che presiedono al trattamento dei manufatti in amianto – che per la maggior parte sono realizzati in cemento-amianto, il cosiddetto eternit – sono, sin da quando nel 1992 il suo utilizzo fu vietato, abbastanza chiare: non può più essere prodotto né importato, né utilizzato. Gli edifici che ne contengono devono essere sottoposti a verifica periodica al fine di valutarne lo stato di conservazione e, laddove venga rilevato un probabile rischio, sono prescritti immediati interventi di messa in sicurezza o di rimozione. Il Comune, assieme all’Asl, ha l’obbligo di vigilare, e di disporre tramite ordinanza le opportune misure operative da adottare, laddove si ravvisino pericoli per la salute pubblica. L’amianto è, però, ancora estremamente diffuso in tutta Italia, ed Eboli non sfugge a questa drammatica realtà. Nei cinquanta anni circa in cui esso è stato utilizzato diffusamente, infatti, veniva ritenuto un materiale molto versatile e dalle importanti proprietà, soprattutto quale isolante e materiale ignifugo. E’ stato perciò utilizzato massicciamente – soprattutto nella combinazione con cemento chiamata eternit - per le canne fumarie, per i collettori di scarico delle fogne, quale isolante nei tetti degli edifici e come materiale con cui costruire coperture dei capannoni industriali. Ma le fibre di amianto – ne bastano, purtroppo, pochissime – se disperse nell’aria e respirate possono causare patologie gravissime, a partire dal mesotelioma, un tumore che interessa la pleura, che si manifesta spesso molti anni dopo il contatto con il materiale contaminante e che troppo spesso ha esiti fatali per chi si ammala. Il Comune di Eboli all’epoca della passata amministrazione – anche su impulso degli attivisti di “Togliamoci l’amianto dalla testa” – ha messo in campo delle attività volte a favorire la rimozione dell’amianto e a intensificare i controlli. Ricordo la costituzione di uno sportello amianto, con la previsione di misure anche economiche per incoraggiare lo smaltimento dei piccoli manufatti di amianto da parte dei condomini e dei proprietari di case. Tutto questo è importante, ma non basta. Il pericolo rappresentato dall’Apoff va immediatamente rimosso, e in questo senso condivido la proposta del comitato di attivisti anti-amianto di un intervento del Comune di Eboli volto, in accordo con l’amministratore giudiziario dell’area, a promuovere l’acquisizione dei manufatti la immediata bonifica. C’è, però, un’altra struttura che a mio avviso, da qui a pochi anni, potrà rappresentare un serio pericolo, a ridosso del centro cittadino: parlo dell’ex Foro Boario, i cui capannoni sono in larga parte ricoperti da lastre di eternit che, per ora, sembra siano ancora in condizioni di conservazione discrete, ma che – poiché l’associazione provinciale degli allevatori che risulta proprietaria dell’area non ha i mezzi economici per provvedere – potrebbe in pochi anni degradare. Proprio a questo proposito, lo scorso mese di dicembre, presentai – quale presidente dell’associazione sportiva ‘Free Runner’ - un'istanza al Sindaco di Eboli Massimo Cariello per chiedere se il comune avesse provveduto ad accertare se le strutture del Foro Boario avessero effettivamente la copertura in cemento-amianto, se i proprietari – in caso appunto vi fosse presenza di amianto – avessero provveduto a comunicare agli uffici comunali il nominativo del responsabile del trattamento dell’amianto e se fosse stata prodotta la relazione sullo stato dell’amianto previsto dalla legge. In ogni caso, per affrontare efficacemente problemi come questi, occorre da parte dell’Amministrazione Cariello uno sforzo serio: l’invito che rivolgo con forza è quello di impegnarsi nell’elaborazione di una progettualità, di un intervento che porti all’acquisizione dell’area e alla realizzazione, in luogo del fatiscente complesso, di una piscina comunale e di impianti sportivi e ricreativi ausiliari, data anche la prossimità dell’area al Palasele e allo stadio comunale “Dirceu”. Si potrebbe pensare, per un intervento di questo tipo, a verificare se ci sono possibilità di ottenere stanziamenti dal CONI oppure anche ad un progetto in project financing, data la scarsa disponibilità di fondi comunali. Ma occorre – e io spero davvero che accada – che i nostri amministratori sappiano gettare il cuore oltre l’ostacolo e superare le logiche asfittiche e di corto respiro che troppo spesso presiedono – anche in perfetta buona fede – all’azione di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica. Vedremo cosa accadrà.
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