Fra pochi giorni, l'8 marzo, l'anniversario del crollo della torre normanna del Castello Colonna. Cosa è stato fatto per rimediare?

Tra qualche settimana la nostra città celebrerà un anniversario spiacevole. L’8 marzo del 2015, intorno alle 19,30, la torre normanna del Castello Colonna venne giù sgretolandosi in cumulo di macerie. Sul finire della santa messa nel vicino santuario di San Cosma e Damiano i fedeli rimasero al buio. Un blackout improvviso e dopo pochi secondi un forte boato. Usciti all’esterno ritrovarono un cumulo di massi riversi in strada. Alcune auto rimasero danneggiate e solo per buona sorte non si registrò alcun ferito. Unica vittima: il nostro centro storico. Unica vittima: la storia della nostra città. Unica vittima: Eboli, gli ebolitani. Vigili urbani, vigili del fuoco, decine di concittadini si portarono dinanzi a quell’“orrore”. Nel frattempo, a “valle”, si consumavano le primarie del Pd - il partito in cui milito, di cui sono stato rappresentante in Consiglio Comunale e in cui mi sono candidato - per la scelta del candidato sindaco alle imminenti amministrative. Al Museo Archeologico Nazionale in Piazza San Francesco si celebrava la donna e il suo ruolo nell’antichità. Intanto, un pezzo di storia della città, una delle torri più antiche del Castello Colonna - sede dell’Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze - si era disintegrato. A pochi metri dall’antica struttura, come ben sappiamo, un cantiere. Lavori in corso. Da giorni e giorni si trivellava per consentire la realizzazione del Centro Polifunzionale Santi Cosma e Damiano. Una voragine di quasi dieci metri in un luogo fragilissimo e ricco di testimonianze archeologiche. Una scelta avallata - utile ricordarlo - da quasi tutto il Consiglio Comunale e dall’Amministrazione allora in carica. Tante le polemiche di quei giorni, tante le voci contrapposte sull’eventuale nesso di causalità tra il crollo e la costruzione in essere. Molti residenti, nell’abitato lì vicino, lamentarono disagi e danni alle loro case. Una cosa devo dirla con forza e con chiarezza: io credo che la nostra scelta di allora fosse sbagliata, che dovessimo riflettere di più e a lungo - al di là dell’esistenza o meno di un nesso di causalità tutto da provare - sul se realizzare in quel delicato contesto quella struttura. Abbiamo sbagliato, e me ne assumo la responsabilità a nome di tutti coloro che all’epoca sostenevano l’Amministrazione Comunale. Nonostante le polemiche, ad oggi quella struttura, finanziata dalla comunità europea per sei milioni di euro, sta prendendo sempre più forma. A pochi passi i segni di quel crollo, da un anno, sono rimasti lì immutati. Nulla si è più saputo delle indagini richieste dal commissario Vincenza Filippi, su sollecito di un comitato civico che prese il nome di “Arco dei Tredici”, rispetto a tale nesso di causalità. Nulla si è più detto sul futuro di quel “vuoto”, unico superstite tra le macerie. Nulla ancora si sa di come verranno riutilizzate le pietre raccolte dopo il crollo della torre e della cinta muraria. Nulla è stato fatto, almeno finora, per capire quale sia lo stato dell’arte dell’intera struttura, se ci possono essere rischi di ulteriori crolli, come si voglia salvaguardare un bene così prezioso per la nostra città. Perché non si rendono pubbliche le perizie della Soprintendenza che aveva espresso pareri negativi in fase progettuale e di appalto i cui effetti erano stati "sospesi" da una sentenza del Tar? E’ ormai inutile, è ormai tardi? Il centro polifunzionale è, di fatto, costruito. Ma cosa se ne farà di quel luogo? Che cosa diventerà davvero? In un intervento che lasciava pochi elementi di incertezza, l’ingegnere Gabriele Del Mese, tecnico di fama internazionale, affermava che la connessione tra quei lavori e il crollo della torretta fosse reale. Quella sera dell’8 marzo sconvolse l’equilibrio di una città che alla sua storia è particolarmente legata. Quell’avvenimento portò - lo ricordo come se fosse oggi - l’allora ministro Massimo Bray a intervenire sull’accaduto. Il delegato ai Beni e alle attività culturali del Governo Letta scrisse: “Il muro di cinta del Castello Colonna di ‪‎Eboli questa notte è crollato, creando una ferita al simbolo identitario di un'intera comunità, costruito pazientemente a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, quando signore di Eboli era il fratello minore di Roberto il Guiscardo, Guglielmo d’Altavilla. Anche in questo caso, come per la muraglia caduta a Chiaia pochi giorni fa, per pura fortuna sono stati danneggiati solo veicoli e non persone. C'è una citazione del capolavoro letterario di Carlo Levi che dimostra dolorosamente quanto possano essere ancora attuali le denunce condensate in "Cristo si è fermato ad Eboli" nel 1945, 70 anni fa: "Per i contadini, lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall'altra parte", se non si afferma il principio di tutela codificato nella nostra Costituzione. Dimostriamo ai cittadini ebolitani che crediamo davvero in questo principio costituzionale, e che sono moltissime le donne e gli uomini che sperano nella cultura che vince”. Speranza vana - tocca aggiungere - vista l’attualità. Ad oggi, lo Stato cosa ha fatto di concreto? Il Ministero della Giustizia, proprietario dei luoghi, cosa intende fare? L'amministrazione comunale sta sollecitando i vari attori coinvolti nella vicenda a trovare una qualche soluzione? Un anno è passato e sulla vicenda un ulteriore crollo: di fatto, in concreto, su quel 8 marzo è crollato il silenzio. Su questo chiederò al mio partito e a tutte le forze politiche responsabili di intervenire con decisione. In Consiglio Comunale, per chiedere con una interrogazione urgente cosa intenda fare l’attuale Amministrazione Comunale per sollecitare il rapido ripristino della cinta muraria e quali siano le modalità di gestione e le attività previste nell’ormai quasi completato centro polifunzionale. In Parlamento, perché – ne sono certo – sia il deputato Pd Antonio Cuomo che il senatore di Forza Italia Franco Cardiello si attiveranno per chiedere ragione al Ministero della Giustizia del perché a tutt’oggi nulla risulta essere stato fatto per avviare le attività di ripristino di una struttura così importante per la nostra storia e per la nostra identità culturale.

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