Sono passati otto anni dallo sgombero di San Nicola Varco e nulla è stato fatto per eliminare lo sfruttamento della manodopera nei nostri campi

Sono passati ormai circa otto anni dallo sgombero – operato dalle forze dell’ordine su ordine della magistratura – del complesso di San Nicola Varco. L’area – di proprietà della Regione Campania - fu destinata oltre trent’anni fa a mercato ortofrutticolo, e molti soldi furono spesi per realizzare una infrastruttura che, come molte altre nella nostra zona, non è, purtroppo, mai entrata in funzione, neanche per un solo giorno. Dopo lo sgombero – che fu giustificato per motivi di sicurezza degli oltre 600 immigrati irregolari che vi abitavano in condizioni di fortuna – si disse che la regione si sarebbe attivata per ripulire dalle decine di tonnellate di rifiuti e di detriti quell’area, ma ovviamente nulla di tutto questo è stato fatto. Quanto agli immigrati, quasi tutti hanno continuato a lavorare in condizioni disumane al soldo di imprenditori e di caporali senza scrupoli, e le loro condizioni si sono addirittura aggravate: qualcuno si è trasferito nella fatiscente e piena di amianto ex Fabbrica Apoff, qualcuno addirittura in pineta – sempre più in preda al degrado – e qualcun altro nelle numerosissime fatiscenti baracche che nostri concittadini fittano a prezzi esosi ed in nero ai migranti, ovviamente poi lamentandosi anche della situazione della sicurezza nel nostro territorio. Di concreto, dunque, non è stato fatto in quasi dieci anni assolutamente nulla per migliorare la condizione dei migranti nella Piana del Sele. Più di 5000 persone che, ogni mattina, sono impegnate nella coltivazione dei nostri campi e che, secondo alcuni, dovrebbero anche avere la decenza di non farsi vedere troppo in giro, finite le dieci/dodici ore di lavoro sotto il sole e a contatto con agenti chimici. In modo da non turbare i nostri figli, da lasciar sviluppare il turismo, da lasciarci guidare in santa pace senza correre il rischio di investirli sulle loro biciclette scassate e prive di catarinfrangenti. Tempo fa scrissi che l’agricoltura della Piana del Sele è, da diverso tempo, a un bivio fra modernità – tanti gli elementi che contraddistinguono questa capacità di essere agricoltura al passo coi tempi (la sperimentazione, la presenza di aziende dinamiche, l’apertura verso i mercati esteri) – e decadenza, ed anche qui molte circostanze depongono in tal senso, a partire dal mercimonio che si continua a fare delle braccia dei migranti. Una cosa è certa, purtroppo. Dal 2009, anno dello sgombero di San Nicola Varco, poco o nulla è stato fatto per affrontare il problema, per debellare il caporalato e per punire severamente chi sfrutta il lavoro dei più deboli e, se si continua così, temo che quel tuffo verso la modernità della nostra agricoltura sarà destinato a non avvenire.

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