La nuova legge sul testamento biologico un buon punto di equilibrio, rispettoso della vita e anche della volontà delle persone

Questa settimana intendo affrontare un argomento molto delicato giacché - come tutti i temi etici - si interseca con le convinzioni profonde e con la stessa visione della vita che ciascuno di noi si è formato nel corso del tempo, sulla scorta dei propri convincimenti etici, morali ed anche religiosi: parlo della legge sul biotestamento.
Credo sia utile chiarire subito un aspetto: questa norma non ha nulla a che vedere con il suicidio assistito o con l'eutanasia; è, invece, una norma che - dopo moltissimi anni di dibattito in sede politica ma anche nel mondo della scienza e della bioetica - regolamenta una serie di trattamenti sanitari che sono rivolti a persone che versino in gravissime condizioni di salute.
Cosa fa, dunque, questa legge? consente a ciascuno di noi di rilasciare un vero e proprio 'testamento biologico', le 'disposizioni anticipate di trattamento', con il quale si può decidere di accettare o di rifiutare dei trattamenti sanitari potenzialmente invasivi o che rischino di sconfinare in un vero e proprio accanimento terapeutico, che è definito come l'ostinazione irragionevole nella somministrazione di cure, laddove la prognosi sia chiaramente infausta  a brevissimo termine.
Ancor prima di questo, uno degli elementi che contraddistingue la normativa è il ribadire che ogni paziente ha diritto a ricevere informazioni sulle proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lui comprensibile, per poter in ogni momento  decidere se accettare o rifiutare le “scelte diagnostiche o terapeutiche e singoli trattamenti sanitari“, incluse la nutrizione e l'idratazione artificiali. La legge prevede anche la nomina di un fiduciario che rappresenti il paziente e ne faccia le veci nella relazione con i medici, i quali sono tenuti a rispettare le indicazioni provenienti dal paziente. Esiste però in ogni momento  la possibilità di ridiscutere le disposizioni anticipate di trattamento con il paziente o col fiduciario se si presenta l’opportunità di nuove terapie per assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.
La mia formazione è profondamente intrisa dei valori della mia religione, la religione cattolica. Ed io su questi argomenti condivido in pieno quanto sostenuto da Papa Francesco, ribadito di recente in un suo messaggio all'Accademia Pontificia sulla Vita: "gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona". 
Questo è il punto: io resto contrario ad ogni forma di eutanasia, ma anche perplesso - anche da medico - su trattamenti che sfocino in inutile accanimento terapeutico e che possano in fin dei conti più soddisfare la volontà dei medici curanti e dei parenti di tentare ogni strada, anche quando non c'è razionalmente più alcuna speranza, ma senza che questo accanimento abbia alcuna ricaduta positiva sulla salute del paziente. Ecco, io credo che riguardo a tutto questo la legge sul biotestamento rappresenti un buon punto di equilibrio, rispettoso della vita e anche della volontà delle persone. 

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