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Rivedere il contratto con Soget è una priorità

Questa settimana intendo occuparmi di un problema che giudico molto grave, e cioè delle modalità con cui la Soget, la società cui da alcuni anni è stata affidata la verifica ed il recupero delle imposte comunali, si occupa di tali attività. E’ una società, peraltro, al centro di numerose inchieste in altre città cui è stato affidato lo stesso tipo di incarico, e già questo avrebbe dovuto suggerire ai nostri amministratori comunali grande prudenza. Nelle ultime settimane, poi, si assiste ad uno spettacolo davvero indecoroso: decine di commercianti e piccoli imprenditori della nostra città si stanno rivolgendo a avvocati e consulenti tecnici per contestare delle cartelle esattoriali piene zeppe di errori. Mi riferisco al modo con cui la Soget sta verificando le dimensioni delle insegne pubblicitarie, utilizzando parametri assolutamente scorretti e che violano il regolamento comunale. Faccio un esempio banale: se in una vetrina di una attività commerciale c’è un piccolo logo dell’attività commerciale, e nel frattempo quell’attività ha anche una insegna magari di meno di un metro quadro, l’imperizia tecnica degli addetti Soget trasforma tutto questo in una insegna superiore ai 5 mq, soggetta per questo a tassazione ben più elevata. Alcune insegne divengono, invece, magicamente pubblicità luminose. Disastri che gli operatori Soget stanno, a quanto denunciano moltissimi cittadini, combinando anche per quanto riguarda la misurazione dei passi carrabili, dove pure si registrano evidenti difformità di criteri e incongruenze. Qualcuno inizia a pensare che si tratti di errori in qualche modo voluti, nella speranza che molti cittadini, per evitare avvocati e contenziosi, si arrendano ad evidenti ingiustizie e paghino le cartelle senza fiatare. Questo sarebbe gravissimo. Ma io confido che non sia così, che si tratti di errori dovuti ad imperizia e negligenza e che l’Amministrazione Comunale e i competenti uffici interverranno immediatamente a correggere le distorsioni che sono state segnalate, revocando immediatamente tutte le cartelle esattoriali viziate da questi errori. Resta il fatto che il modo di operare della Soget – insieme alla storia di questa società ed alle gravi violazioni di legge di cui in un passato anche recente è stata accusata in altre realtà territoriali – dovrebbe far riflettere l’Amministrazione Cariello sulla opportunità di una revoca immediata della convenzione con questo operatore.

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Ora si avvi una riflessione seria nel Partito Democratico.

Il netto prevalere del No al referendum istituzionale dello scorso 4 dicembre ha aperto – come tutti ben sappiamo – una drammatica crisi di governo. Renzi – non senza coerenza – ha annunciato nella notte stessa dello scorso 4 dicembre le proprie dimissioni, ed il Presidente Mattarella ha conferito oggi l’incarico a Paolo Gentiloni – esponente del Partito Democratico nonché Ministro uscente degli Affari Esteri –di formare il nuovo Governo che, a quanto sembra, vedrà il sostegno delle stesse forze politiche che sostenevano Renzi. La percentuale altissima del No al referendum è stata, evidentemente, in parte manifestazione di dissenso verso le riforme istituzionali proposte dal premier Renzi; ma è stata, in larghissima misura, voto di protesta e di espressione di forte disagio sociale. Larghissima parte dei giovani ha votato no, larga parte del mondo della scuola, dei docenti, ha votato no. Io personalmente resto convinto che la riforma costituzionale proposta fosse valida nell’impianto. Che il successo del si avrebbe dato la possibilità all’Italia di avere un sistema legislativo più snello, tempi di decisione sensibilmente minori, ed anche di superare il problema della eccessiva frammentazione delle competenze fra stato centrale e regioni. Ma il popolo sovrano ha risposto nettamente di no, e si può soltanto prenderne atto. Così come sarebbe saggio prendere atto del fatto che, al di là di ogni considerazione, sono stati compiuti degli errori importanti nel focalizzare attorno al referendum costituzionale, da parte del premier Renzi, un vero e proprio plebiscito a favore o contro la propria leadership. Ora, però, ci sono scadenze importanti che attendono il Paese. C’è innanzitutto da approvare definitivamente la legge di stabilità, ci sono da affrontare importi scadenze in sede europea, c’è da capire come evitare collassi del sistema bancario in conseguenza della possibile instabilità dei mercati e della situazione sempre più critica del Monte dei Paschi di Siena. E c’è da rivedere, all’indomani della prossima pronuncia della Corte Costituzionale sull’Italicum, l’impianto delle legge elettorale, da affrontare insieme alle forze politiche sia di maggioranza che di opposizione.E c’è, soprattutto, da affrontare un forte disagio sociale, una sofferenza diffusa in ampie fasce della società, a partire dal mondo dei giovani, afflitto da un tasso di disoccupazione altissimo, una vera e propria generazione bruciata a causa degli errori dei padri. Il Partito Democratico, per parte sua, oltre a dover garantire responsabilmente la governabilità del Paese, dovrà affrontare nei prossimi mesi una stagione congressuale importante, in cui credo occorra dare vita a un dibattito serrato che dia – lo spero davvero – nuova linfa all’azione politica, e che riesca a superare un confronto interno davvero giunto ai limiti della decenza.

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Liberata dai rifiuti Coda di Volpe. Ora si realizzino subito depuratore e rete fognaria!

È notizia di questi giorni che, dopo tanti anni, le vasche dell’impianto di depurazione di Coda di Volpe – mai entrato in funzione ed utilizzato come sito di stoccaggio provvisorio di rifiuti – sono state finalmente svuotate dalle residue ottomila tonnellate di rifiuti. Il nostro territorio si è liberato di un enorme e vergognoso fardello, più volte segnalato e urlato con toni di grande preoccupazione.

Facciamo un passo indietro. Durante l’emergenza rifiuti che ha interessato la nostra regione dal 2007 ad alcuni anni fa il commissariato di Governo preposto decise, compiendo una scelta scellerata, di accatastare in quelle vasche, nate originariamente per consentire la depurazione delle acque della piana, circa 32.000 tonnellate di cosiddette “eco balle”. In realtà – ma questo si è scoperto dopo – queste fantomatiche ecoballe altro non erano che rifiuto tal quale imballato in teli di plastica e stoccato lì in via provvisoria. Via provvisoria che, come spesso accade purtroppo in Italia, ha seriamente rischiato di diventare definitiva. Nel corso degli anni, parte di quel materiale è stato rimosso, portato al termovalorizzatore di Acerra per essere incenerito. Ma le ultime 8.000 tonnellate sono rimaste lì fino ad oggi, nonostante le infinite promesse, a impedire il completamento dell’impianto di depurazione e a causare gravi problemi a tutta l’area a vocazione agricola e a pochi chilometri dal litorale. E’ davvero importante che l’amministrazione regionale guidata da Vincenzo De Luca sia riuscita, a differenza di quelle che l’hanno preceduta, a rispettare gli impegni, e a completare la rimozione di quei rifiuti. Ed è un segnale di grande attenzione verso un territorio troppe volte dimenticato, abbandonato a se stesso. Di questo va dato atto al Partito Democratico, al centrosinistra ed al Presidente De Luca. Ora è fondamentale che Asis, Regione Campania e Comune si muovano, che venga immediatamente realizzato, rifunzionalizzando il vecchio impianto nel frattempo semidistrutto, l’impianto di depurazione a servizio del litorale e delle aree agricole. È fondamentale che, nel frattempo, l’amministrazione Cariello utilizzi i fondi già stanziati e ottenuti da anni da altre amministrazioni comunali per realizzare nel più breve tempo possibile il collettore fognario in zona Cioffi e Corno d’Oro. Soltanto così si potranno ridurre in modo significativo gli scarichi inquinanti a mare, e questa è la vera principale precondizione per lo sviluppo del turismo sulla nostra fascia costiera. Speriamo, infine, che a questa buona notizia ne seguano altre positive per l’ambiente e per il vasto territorio della Piana del Sele, e che vengano definitivamente abbandonate idee incoerenti con la vocazione dell’area. Penso, ad esempio, all’assurda ipotesi – spero tramontata definitivamente - della dislocazione delle Fonderie Pisano nella nostra piana, emblematico esempio di come una politica miope possa mettere a repentaglio lo sviluppo di una zona che, come scrissi già alcune settimane fa, si trova ancora al bivio fra un possibile modello di sviluppo avanzato e la strada, invece, di modelli vecchi e sbagliati che condurrebbero inevitabilmente la nostra economia al declino.

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Cambiare rotta sulle politiche sociali!

Questa settimana vorrei – anche sulla scorta del fatto che venerdì scorso si è svolto un consiglio comunale sull’argomento – fare alcune considerazioni sullo stato delle politiche sociali nella nostra città e nel comprensorio della Piana del Sele. Le politiche sociali sono da diversi anni – per legge - gestite dai comuni in forma associata, da unioni fra gli enti locali che sono denominate piani sociali di zona. Nel nostro caso c’è il Piano di Zona S3, di cui Eboli è il comune capofila e che vede partecipi i comuni di Altavilla Silentina, di Campagna, di Contursi Terme, di Oliveto Citra, di Postiglione, di Serre e di Sicignano degli Alburni. Negli anni della Giunta Caldoro – che ha governato la Campania fino alla vittoria lo scorso anno del centrosinistra con Vincenzo De Luca, le risorse finanziarie messe a disposizione per le politiche sociali nella nostra regione sono state ridotte ai minimi termini, riducendole di quasi il 40% rispetto ai periodi precedenti. Questo ha provocato una grave contrazione di tali politiche in tutte le aree della nostra regione, ed ha reso difficilissimo mettere in campo strategie serie di contrasto alla povertà e al disagio sociale, proprio in un periodo in cui esse erano più che mai necessarie. Queste scelte, profondamente sbagliate, hanno creato forti difficoltà a chi sul territorio, in primo luogo i piani di zona, si sono trovati sempre più alle prese con la scarsità di risorse unita all’aumento dei problemi di disagio che hanno riguardato fasce di cittadini sempre più ampie, impoveriti dalla crisi. A tutto questo si è aggiunta in questi ultimi anni, io credo, una scarsa capacità di chi governa il piano sociale di zona – i sindaci del comprensorio a partire da quello del comune capofila - di delineare una strategia convincente. Una strategia che avesse al centro i bisogni dei cittadini, il contrasto alla povertà, il sostegno agli immigrati regolari, alle famiglie più deboli. Si è preferito utilizzare le poche risorse disponibili parcellizzandole – al di là di quelle il cui utilizzo è riservato ai servizi essenziali (assistenza domiciliare agli anziani e ai disabili soprattutto) – utilizzandole per “accontentare” le associazioni sul territorio, invece di concentrarle ed impegnarle in azioni di contrasto ad alcuni grossi problemi, quali ad esempio la povertà e l’evasione scolastica. Un chiaro esempio di questa gestione disattenta è il ritardo considerevole con cui si stanno avviando servizi fondamentali, come l’assistenza scolastica nelle scuole primarie e medie inferiori, che è un servizio fondamentale per consentire a tanti bambini ed adolescenti di fruire pienamente dell’istruzione scolastica. Un altro esempio di questi errori gravi è l’incremento negli ultimi anni del fenomeno della dispersione scolastica, che ad Eboli è in aumento dopo che per molto tempo essa era stata ridotta al minimo grazie ad iniziative efficaci portate avanti dal terzo settore e sostenute dalle istituzioni. Ora apprendo che è allo studio la possibilità di dotare il piano di zona di personalità giuridica, superando una ambiguità di fondo che vede in capo al comune capofila le poste di bilancio e le scelte formali. Bene, è una buona idea. Ma questa da sola onestamente serve a poco se non si cambia radicalmente rotta, se non si mettono in campo idee ed azioni volte ad affrontare i problemi veri con cui le persone si trovano a fare i conti ogni giorno. Se non si danno risposte serie a chi ha bisogno, abbandonando le politiche del ‘tira a campare’. E’ il momento giusto per cambiare rotta, per dare queste risposte, anche perché la nuova amministrazione regionale di centrosinistra sta impegnando sulle politiche sociali nuove risorse, ritenendole fondamentali per migliorare la qualità della vita di moltissimi cittadini campani.

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Il "Sisma Bonus": un importante incentivo fiscale per rendere antisismiche le nostre abitazioni.

Il governo – all’indomani delle gravi scosse di terremoto che hanno interessato in questi mesi il centro Italia, prima il terribile sisma che lo scorso 24 agosto ha raso al suolo Amatrice e poi il recente violento sciame sismico che sta interessando tutta l’area al confine fra Marche ed Umbria – ha deciso di mettere in campo una serie di interventi più organici per facilitare gli interventi di adeguamento sismico degli edifici. La nostra terra – lo ricordiamo sicuramente tutti noi che abbiamo più di 50 anni – è stata interessata dal più terribile sisma dell’ultimo mezzo secolo, il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980, che rase al suolo interi paesi e che provocò quasi 3.000 vittime. Gli edifici sorti all’indomani del sisma sono – o dovrebbero – essere tutti antisismici, in grado cioè di resistere a scosse di terremoto anche gravi. Moltissimi edifici, però, sono di costruzione precedente al 1980, e, ad eccezione di quelli ristrutturati negli ultimi venti anni, essi sono ancora a grave rischio, in caso di eventi sismici anche di media entità. Ma torniamo alle ipotesi di intervento allo studio del governo nazionale, ipotesi che dovrebbero vedere la loro definitiva formalizzazione a breve, in occasione dell’approvazione della legge finanziaria per il 2017. Il sistema di agevolazioni – già in parte sperimentato negli anni scorsi ma con minori vantaggi – è strutturato in modo simile ai bonus relativi all’efficientamento dei consumi energetici nei condomini, il cosiddetto “Ecobonus”. Nel caso di adeguamento sismico chi deciderà – condominio o singolo proprietario – di migliorare la resistenza ai terremoti di un edificio potrà usufruire di una detrazione fiscale del 50%, e a partire dal 2017 tale detrazione sarà utilizzabile non solo nelle aree a maggiore rischio sismico, le cosiddette zone 1 e 2, ma anche in zona 3, area a rischio sismico lieve o moderato. E il bonus potrà essere richiesto non soltanto per le case dove si abita stabilmente, ma anche per la seconda e la terza casa. Inoltre, se l’edificio viene migliorato di due classi di rischio, il bonus fiscale potrà arrivare fino all’85 %. L’agevolazione avrà un tetto di spesa di 96.000 per appartamento ed è stabilizzata fino al 2021. L’importo si potrà detrarre dalle imposte, inoltre, non più in soli 5 anni in un periodo massimo di 10 anni. Si tratta di un intervento importante, che dà atto della sensibilità con cui il governo – cui su altri temi io non lesino critiche pur essendo il premier espressione del partito politico in cui milito – sta affrontando un tema delicatissimo e difficilmente affrontabile in modi diversi, a meno di non immaginare la possibilità di stanziare risorse enormi e che difficilmente nei tempi attuali sono disponibili, anche nei paesi più evoluti. Ora, è importantissimo far conoscere a quante più persone possibile questa possibilità, informare, sensibilizzare, perché provvedimenti come questo tanto più hanno efficacia quanto più tutte le persone sono pienamente consapevoli dell’opportunità che, a partire dal prossimo gennaio, si potrà utilizzare per rendere più sicure le nostre case per noi e per i nostri figli. Si potrebbe pensare anche di creare uno sportello informativo in grado di informare e guidare le persone interessate in tutte le procedure necessarie ad utilizzare sia gli eco bonus che, soprattutto, il bonus fiscale per adeguamento sismico.

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Battipaglia unico comune della Piana del Sele inserito fra le aree di crisi. Importante occasione perduta per Eboli.

L’Italia viaggia a due velocità fra Nord e Sud dal punto di vista dello sviluppo economico, e questo è un dato, purtroppo, risaputo. E questo meccanismo si sta ripetendo anche nel periodo di timida ripresa economica che stiamo attraversando. Tant’è vero che, a fronte di una crescita economica nel biennio 2014-2016 del Nord e del Centro di circa l’1,1 %, il Sud è cresciuto dello 0,7%. E che le previsioni di crescita del triennio 2017-2020 danno uno sviluppo del Nord e del Centro con un tasso di incremento di circa l’1,5 % medio, mentre il Sud dovrebbe crescere soltanto dell’1%. Ancora più scoraggiante la dinamica dell’incremento dei posti di lavoro, che nel Sud Italia non torneranno al livello ante crisi nemmeno entro il 2020. E’ un quadro drammatico, aggravato dal fatto che la disoccupazione fra giovani e donne vede tassi altissimi e ancor più lontani dalla media nazionale. In questo contesto la provincia di Salerno, che pure presenta una economia discretamente sviluppata in raffronto a quella di altre aree del Mezzogiorno, non vede discostarsi i suoi dati medi di crescita né il drammatico tasso di disoccupazione da quelli medi meridionali. Un altro elemento che deve far riflettere soprattutto noi che viviamo nella Piana del Sele è che – stando ai dati dell’Obi, l’Osservatorio Banche e Imprese - l’agricoltura si conferma un settore nel complesso in grandissimo affanno. In questo contesto – nell’ambito degli interventi per il Mezzogiorno disposti dal governo nazionale e dagli interventi aggiuntivi disposti dalla Regione Campania attraverso l’utilizzo dei fondi europei della programmazione 2014/2020 – di recente si è deciso che – nella nostra zona – il solo Comune di Battipaglia dovesse rientrare nelle aree di crisi industriali, meritevoli di specifici interventi ed investimenti ai fini di combattere gli effetti della crisi economica e della deindustrializzazione. E’ una scelta che io non condivido perché avrebbe molto più senso ragionare di Piana del Sele in termini di area vasta e che si trova ad affrontare problematiche molto simili nei vari comuni del territorio, Eboli, Bellizzi, Battipaglia. Una scelta miope dal mio punto di vista, ma una scelta che denuncia – è doloroso dirlo – un problema di fondo. Alcune amministrazioni comunali – anche di recentissima costituzione – hanno preferito dedicarsi soprattutto ai nodi strutturali che impediscono alla Piana del Sele di uscire dalla crisi, magari troppo spesso in termini egoistici. Altre, Eboli inclusa, preferiscono puntare tutto non sulle strategie complesse, quelle in grado di mobilitare energie e risorse per riconquistare la via dello sviluppo. Ma, magari inconsapevolmente, scelgono di attardarsi su aspetti secondari dell’attività amministrativa, senza volere o sapere affrontare i problemi veri di petto. O almeno, questa è la sensazione.

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La Piana del Sele è a un bivio fra possibili diversi modelli di sviluppo?

Questa settimana vorrei svolgere una breve riflessione che parte da due notizie di cronaca apparentemente del tutto diverse. Anzi, del tutto contraddittorie se osservate dal punto di vista di chi guarda a un territorio con uno sguardo veloce e, forse, un po’ distratto. Sono due notizie che riguardano entrambe – se pure in senso molto vasto – l’agricoltura della Piana del Sele che, come ben sappiamo, è la principale attività nella nostra area geografica. Partiamo dalla prima, una bella notizia: l’istituto agrario di Eboli, il “Giustino Fortunato”, sarà, con una propria delegazione, presto in Brasile, per cimentarsi nella creazione di un prodotto ‘nuovo’ nel settore fresco del “Made in Italy”. L’attività consisterà nello sperimentare in loco colture selezionate, dalle sementi agli innesti, che, attraverso la formula del test drive, vedranno la crescita di piante di pomodorino – inteso come uno dei prodotti principe della dieta mediterranea – ed adatto al mercato brasiliano, attento per tradizione alla cultura del buon cibo. E’ un onore per una scuola del nostro territorio, una scuola che svolge da sempre un lavoro straordinario in termini di attività sperimentale e di promozione delle migliori pratiche in agricoltura nella Piana. E’ ancora più un onore, ed anche e soprattutto un segnale di grandissima vitalità della nostra agricoltura, che sia chiamata per questo importante esperimento in Brasile una realtà che appartiene alla nostra Eboli, a riprova di quanto l’agricoltura qui sia affrontata con metodi moderni e con criteri volti alla selezione della qualità. Ma veniamo alla seconda notizia, quella brutta, anzi orribile, che pure attinge alla cronaca di questi giorni nella nostra città, e che, se pure indirettamente, riguarda anch'essa l’agricoltura: un operaio trentottenne di origini marocchine, residente da moltissimi anni in Italia e regolarmente assunto in una azienda agricola, è rimasto gravemente ferito cadendo dal tetto di un container dove stava effettuando degli interventi di manutenzione. Container utilizzato, appunto, come deposito agricolo. Due notizie che trasmettono l’idea di mondi vicini, coesistenti, eppure non comunicanti e diversissimi. Due mondi, che però, appartengono entrambi alla nostra realtà, a quella Piana del Sele che produce – nella nostra agricoltura - contemporaneamente ricerca e qualità di altissimo livello e - al contrario - sfruttamento, pericolo, precarietà per tanti troppi lavoratori. Oggi non intendo fare appelli alla politica, alla classe dirigente. Ho accostato, certo provocatoriamente, due notizie così diverse per richiamare l’attenzione di noi tutti sulle possibili linee di tendenza che attraversano la nostra comunità: quella verso il progresso, verso la crescita sostenibile; l’altra verso il ritorno a modelli di sviluppo arcaico e regressivo. Sono convinto, nonostante i molti problemi presenti, che la linea di fondo che la nostra comunità sta perseguendo con tenacia sia la prima, quella della crescita intelligente e dello sviluppo armonioso.

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