Download Free Templates http://bigtheme.net/ Websites Templates

Tentativi subdoli di sabotare l'ospedale di Eboli?

Questa settimana mi corre l’obbligo morale, da cittadino, e professionale, da medico, di tornare sul tema della sanità. La storia purtroppo si ripete, troppo spesso amaramente. Proprio nel mentre – se pure con tanti limiti – si iniziava ad intravedere un percorso per l’ospedale di Eboli, giunge notizia di altri interventi volti a delegittimare l’ospedale Maria Santissima Addolorata di Eboli. Un altro tentativo di depotenziamento della struttura, difatti, è partito da qualche tempo, e cercherà di colpire, in modo subdolo, la nostra struttura sanitaria, per decenni fiore all’occhiello del comprensorio e da diversi anni destrutturata, messa sotto assedio da parte di una politica miope e demolitrice. Con l’atto deliberativo n° 790 del 5/08/2014, infatti, l’ex Direttore Generale dell’Asl Antonio Squillante diede incarico di affidamento per lo svolgimento di verifiche sismiche per gli Ospedali di Eboli, Scafati e Sapri, approvando uno specifico bando per conferire tale incarico a professionisti esterni per una spesa pari a ben 112.650 euro. Soldi sprecati, allora come oggi, se si tiene conto che un ente appositamente preposto come la Protezione Civile, ha già redatto un documento, un vero e proprio censimento di vulnerabilità degli edifici pubblici, strategici e speciali nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia, che specifica scrupolosamente ogni criticità. Per questo stesso motivo lascia sgomenti la scelta – se confermata - dell’attuale struttura Commissariale dell’Asl di dare seguito a quel deliberato con un ulteriore atto, precisamente la delibera n° 698 del 19/05/2016, con la quale si dà incarico di procedere a verifiche sismiche per gli Ospedali di Eboli e Sapri. Come precisa in una sua nota le RSU Cisl Funzione Pubblica, “questo rappresenterebbe un elemento di garanzia e di sicurezza se non fossero mai stati effettuati studi sulla vulnerabilità sismica degli edifici pubblici e strategici. Ma come ben dovrebbero sapere gli uffici tecnici preposti dell’Asl, già all’inizio degli anni 2000 vi è stato uno studio approfondito della Protezione Civile, redatto con il supporto del professor Franco Barberi, per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un lavoro durato diversi anni, e che ha impegnato il fior fiore della classe ingegneristica e tecnica della protezione civile italiana. Centinaia di ingegneri, geologi, geometri e personale altamente specializzato, che hanno messo a nudo tutte le crepe degli edifici pubblici della Italia meridionale”. Il rammarico sta proprio nel fatto di percepire ancora oggi gli strascichi di un clima di ostilità verso il nostro territorio già abbondantemente martoriato dal punto di vista della sanità. Senza dimenticare che il Ministero della Salute dedica già di suo particolare attenzione al tema della sicurezza sismica degli ospedali e della gestione intraospedaliera dell’emergenza in caso di evento sismico. Ancora più grave appare questo ulteriore tentativo di attacco se si pensa che lo studio redatto dalla Protezione Civile Nazionale classifica l’ospedale di Eboli come a rischio medio/basso di vulnerabilità sismica per il 70% della struttura a fronte dell’ospedale di Battipaglia che invece è classificato a rischio sismico “medio/alto”. Nonostante questo, il Maria Santissima Addolorata riceve un interessamento prioritario rispetto ad altre strutture. Se di controlli e di sicurezza si parla, perché questi non si estendono a tutte le strutture sanitarie della provincia di Salerno invece che disporle solo per Eboli e Sapri? L’amministrazione comunale, il senatore Cardiello ed i rappresentanti del mio partito – un appello a questo proposito lo rivolgo anzitutto al Deputato Pd Antonio Cuomo, che sono certo vorrà accoglierlo - devono andare a fondo della vicenda e sostenere in tutte le sedi opportune la difesa del nostro ospedale, anche contro tentativi – che vengono dal passato – di portare avanti atti che sono chiaramente immotivati e dal vago sapore persecutorio verso il nostro nosocomio.

Stampa

Rispettiamo la nostra città. La raccolta differenziata va migliorata e vanno puniti i comportamenti incivili.

Questa settimana l’argomento che voglio affrontare è quello del rispetto dell’ambiente e del decoro cittadino. Da diversi giorni i social network sono pieni di foto della città di Eboli immortalata come mai la si vorrebbe vedere: imbrattata dai rifiuti. I parziali successi della raccolta differenziata trovano, purtroppo, come contraltare, il perpetrarsi di comportamenti incivili da parte di una minoranza di nostri concittadini. E questo accade nonostante diverse campagne di comunicazione, di sensibilizzazione verso la cittadinanza rispetto al tema dei rifiuti, in verità tutte svoltesi quando in carica era l’amministrazione Melchionda e si cercava di promuovere al meglio questa sorta di “rivoluzione” civica che è la raccolta differenziata. Vennero intensificati i controlli del “Nucleo Ecologico Ambientale” della polizia municipale visti i comportamenti scorretti che continuavano a verificarsi nel mancato rispetto del regolamento integrato della gestione dei rifiuti. Non sono mancati, in questi anni, in pieno centro cittadino, episodi di roghi dolosi di rifiuti, che hanno portato anche taluni cittadini a lamentare la mancanza dei cassonetti e quindi la presenza dell’immondizia per strada. Ricordo che, addirittura, un po’ di tempo fa alcuni piromani diedero alle fiamme i cartoni custoditi in alcune gabbie di ferro all’esterno dei locali di un supermercato in pieno centro cittadino. Purtroppo molti nostri concittadini non vogliono comprendere che, per fare una buona raccolta differenziata, occorre soltanto essere un po’ più civili e disciplinati, rispettare gli orari e i giorni di conferimento dei vari materiali, e capire che il ritorno al vecchio metodo del cassonetto stradale sarebbe la fine di questo nuovo metodo di selezione e di recupero dei rifiuti. Soprattutto nel centro storico, ahinoi, ci sono ancora delle aree interessate da episodi di abbandono selvaggio di rifiuti, talvolta anche ingombranti. Una minoranza di ebolitani, nel totale spregio dell'igiene, della raccolta differenziata e soprattutto delle minime norme comportamentali di decoro e di civiltà, continua ad abbandonare i rifiuti dove capita. A poco sono serviti – purtroppo! – i controlli con le telecamere, e riguardo a questo ci chiediamo se il sistema funziona ed è efficiente. L’Amministrazione Comunale deve fare tutto il possibile per contrastare quelli che in alcuni casi possono essere classificati come dei veri e propri reati verso l’ambiente e la comunità. Come intende procedere – ci chiediamo – l’Amministrazione Cariello per arginare questo tipo di comportamenti, dannosi per il decoro urbano ma che soprattutto ledono l’ambiente e quindi noi tutti? Il contratto con la Sarim, la società che gestisce i rifiuti in città è scaduto da tempo, oltre un anno: a che punto è la gara per l’affidamento del servizio? Sono previsti miglioramenti nel servizio nel nuovo bando di gara, che non sappiamo ancora quando sarà pubblicato? Ci aspettiamo quantomeno le isole a scomparsa nel centro storico, una riorganizzazione del servizio volta alla copertura del 100 % del territorio, visto che ci si sta mettendo così tanto tempo a predisporre un bando per un servizio che è in proroga da più di un anno. Siamo alle porte dell’estate e in questa stagione non tramonta mai la moda del lancio del sacchetto: quali strategie l’amministrazione Cariello intende mettere in atto per impedire che tutto questo si ripeta e che la nostra fascia costiera venga imbrattata da buste di immondizia e ingombranti? La nostra città, la Piana del Sele, il nostro territorio, l’ambiente meritano rispetto. Sta a noi cittadini preservarlo, sta a noi e ai nostri piccoli gesti quotidiani fare in modo che le strade che percorriamo, il mare in cui portiamo i nostri figli, la terra che ci dona i frutti e gli ortaggi che portiamo sulle nostre tavole, siano tutelati e non inquinati.

Stampa

Riparte il Pd ad Eboli

Quelli passati sono stati anni davvero bui per il circolo del Partito Democratico di Eboli. E’ stato commissariato, privato di ogni ruolo, lasciato allo sbando anche da parte di chi avrebbe dovuto - e parlo di dovere politico - cercare di riannodarne le fila per garantire non solo un equilibrio interno tra le varie anime che lo compongono ma soprattutto, e di riflesso, un equilibrio nell’amministrazione della nostra città essendo il PD, per oltre 9 anni, alla guida del comune. Come avrete intuito questa settimana ho cercato di focalizzare la mia attenzione sullo stato del partito in cui milito: il Partito Democratico. Per anni ognuna delle correnti che anima il Pd ha agito un po’ per conto proprio, non si è raggiunta unanimità di intenti né si è riusciti a favorire il dialogo tra le parti. Le divisioni interne hanno lacerato profondamente la nostra formazione politica che per anni non è riuscita a organizzare un coordinamento, una riunione, a dare una “forma”, appunto, al nostro partito. La mancanza di un vero e proprio leader che riuscisse a convogliare su di sé la possibilità di mantenere salda la linea politica ha fatto sì che questa si disgregasse sotto l’autorità del timoniere di turno. Con l’abbandono del Pd da parte dell’ex sindaco Melchionda, il partito si è diviso tra chi fa riferimento all’onorevole Antonio Cuomo e chi all’ex ministro Carmelo Conte. Da qualche settimana il partito sta lavorando per ritrovare una sua compattezza. In seguito alla nomina della neo coordinatrice cittadina Paola Massarelli che è - finalmente! - riuscita a mediare tra le varie anime, si sta dando vita a un percorso di ristrutturazione della nostra compagine politica. La nomina della Massarelli - oltre al fatto che per la prima volta a “capo” del nostro coordinamento ci sia una donna e soprattutto una giovane ma già stimata professionista - mi rende estremamente felice perché indice di ringiovanimento della classe dirigente a testimonianza della volontà di ripartire dai giovani, in particolare dai giovani che di militanza nel nostro partito ne hanno fatta, quindi con tutta l’esperienza necessaria a ricoprire un ruolo del genere ma anche con tutta la forza di idee nuove e probabilmente più in linea con ciò che ci chiede l’elettorato ebolitano di centro sinistra. La volontà, infatti, è quella di riaggregare le forze sociali della nostra comunità intorno ad un progetto, al contempo democratico e riformista. Si è iniziato - e proprio ieri abbiamo tenuto a Eboli la prima assemblea costituente cittadina - un percorso unitario, volto a superare le difficoltà che hanno paralizzato l’attività del partito allontanandolo dai cittadini, dai loro problemi e dalle loro istanze per costruire insieme un’idea di futuro capace di parlare a tutta la città. Dopo un decennio di amministrazione, oggi il PD si ritrova a vestire i panni dell’opposizione pur avendo raccolto quasi 3000 preferenze alle passate amministrative, senza contare i voti delle altre liste della coalizione di centrosinistra. Anche su questo punto è ora - a mio avviso - di essere maggiormente incisivi. E’ necessario acquisire le istanze che partono dal territorio, capirle, entrare nei problemi e porli all’attenzione degli amministratori affinché intervengano per risolverli. Dobbiamo essere capaci di dare risposte con i fatti alle esigenze di un territorio la cui voce in questi anni è raramente giunta nei luoghi delle decisioni. C’è bisogno di un impegno serio riguardo a nervi scoperti come la sanità, la programmazione del Piano di Zona e l’assistenza specialistica alle fasce deboli, la sicurezza, la cultura, i giovani! Sposo in pieno le parole della neo coordinatrice Paola Massarelli quando afferma che c’è bisogno di far crescere: “Nuovi quadri dirigenti capaci di intercettare i bisogni della città e proporre le giuste soluzioni. È nostro compito difendere l’idea di Partito, inteso come comunità di persone, che condividono valori e idee e che si organizzano, dandosi regole democratiche condivise e una ragion d’essere che sopravviva ai destini personali. Il nuovo PD ebolitano andrà verso l’unificazione dei due gruppi consiliari di riferimento: quello istituzionale del PD composto dal capogruppo Antonio Conte, da Antonio Petrone e Teresa Di Candia, e quello dei “Democratici per Eboli”, ovvero l’onorevole Antonio Cuomo, il capogruppo Pasquale Infante e Francesco Rizzo. Eboli ha assolutamente bisogno di un Partito Democratico forte ed autorevole, che dialoghi con le istituzioni sovra-ordinate, prime fra tutte il governo nazionale del premier-segretario Matteo Renzi e quella regionale del governatore Vincenzo De Luca, per perorare le istanze del territorio”. Oggi le condizioni per mettere in campo tutto questo son propizie. Dal mio partito, il PD, mi aspetto che faccia finalmente quel salto di qualità nell’azione politica che per troppo tempo è mancato. Il partito deve ricucire il dialogo con la città, con il mondo delle associazioni, con i sindacati. Il Partito Democratico deve tornare a svolgere il suo ruolo: quello di primo partito della città. I presupposti ci sono tutti, sta a noi non perdere questa occasione.

Stampa

Eliminare il pericolo amianto dalla nostra città

Questa settimana voglio affrontare un tema delicato ed importante, che si interseca con il possibile riutilizzo a fini collettivi di aree abbandonate della nostra città. Parlo di un problema grave, che meritoriamente il comitato cittadino “Togliamoci l’amianto dalla testa” pone con forza all’amministrazione comunale e a tutti noi cittadini: la presenza di fibre di amianto in edifici e complessi produttivi in disuso. C’è il caso, eclatante, dell’ex Apoff a Santa Cecilia, le cui condizioni destano grande preoccupazione, e che fra l’altro risulta essere utilizzata come rifugio di fortuna da molti migranti cui non si riesce a fornire alternative più degne e civili. Lì la presenza di amianto in condizioni di conservazione assolutamente precarie è molto diffusa, e parliamo, dunque, di una vera e propria bomba ecologica che va disinnescata, per tutelare la salute dei residenti nella popolosa frazione della nostra città. Le norme che presiedono al trattamento dei manufatti in amianto – che per la maggior parte sono realizzati in cemento-amianto, il cosiddetto eternit – sono, sin da quando nel 1992 il suo utilizzo fu vietato, abbastanza chiare: non può più essere prodotto né importato, né utilizzato. Gli edifici che ne contengono devono essere sottoposti a verifica periodica al fine di valutarne lo stato di conservazione e, laddove venga rilevato un probabile rischio, sono prescritti immediati interventi di messa in sicurezza o di rimozione. Il Comune, assieme all’Asl, ha l’obbligo di vigilare, e di disporre tramite ordinanza le opportune misure operative da adottare, laddove si ravvisino pericoli per la salute pubblica. L’amianto è, però, ancora estremamente diffuso in tutta Italia, ed Eboli non sfugge a questa drammatica realtà. Nei cinquanta anni circa in cui esso è stato utilizzato diffusamente, infatti, veniva ritenuto un materiale molto versatile e dalle importanti proprietà, soprattutto quale isolante e materiale ignifugo. E’ stato perciò utilizzato massicciamente – soprattutto nella combinazione con cemento chiamata eternit - per le canne fumarie, per i collettori di scarico delle fogne, quale isolante nei tetti degli edifici e come materiale con cui costruire coperture dei capannoni industriali. Ma le fibre di amianto – ne bastano, purtroppo, pochissime – se disperse nell’aria e respirate possono causare patologie gravissime, a partire dal mesotelioma, un tumore che interessa la pleura, che si manifesta spesso molti anni dopo il contatto con il materiale contaminante e che troppo spesso ha esiti fatali per chi si ammala. Il Comune di Eboli all’epoca della passata amministrazione – anche su impulso degli attivisti di “Togliamoci l’amianto dalla testa” – ha messo in campo delle attività volte a favorire la rimozione dell’amianto e a intensificare i controlli. Ricordo la costituzione di uno sportello amianto, con la previsione di misure anche economiche per incoraggiare lo smaltimento dei piccoli manufatti di amianto da parte dei condomini e dei proprietari di case. Tutto questo è importante, ma non basta. Il pericolo rappresentato dall’Apoff va immediatamente rimosso, e in questo senso condivido la proposta del comitato di attivisti anti-amianto di un intervento del Comune di Eboli volto, in accordo con l’amministratore giudiziario dell’area, a promuovere l’acquisizione dei manufatti la immediata bonifica. C’è, però, un’altra struttura che a mio avviso, da qui a pochi anni, potrà rappresentare un serio pericolo, a ridosso del centro cittadino: parlo dell’ex Foro Boario, i cui capannoni sono in larga parte ricoperti da lastre di eternit che, per ora, sembra siano ancora in condizioni di conservazione discrete, ma che – poiché l’associazione provinciale degli allevatori che risulta proprietaria dell’area non ha i mezzi economici per provvedere – potrebbe in pochi anni degradare. Proprio a questo proposito, lo scorso mese di dicembre, presentai – quale presidente dell’associazione sportiva ‘Free Runner’ - un'istanza al Sindaco di Eboli Massimo Cariello per chiedere se il comune avesse provveduto ad accertare se le strutture del Foro Boario avessero effettivamente la copertura in cemento-amianto, se i proprietari – in caso appunto vi fosse presenza di amianto – avessero provveduto a comunicare agli uffici comunali il nominativo del responsabile del trattamento dell’amianto e se fosse stata prodotta la relazione sullo stato dell’amianto previsto dalla legge. In ogni caso, per affrontare efficacemente problemi come questi, occorre da parte dell’Amministrazione Cariello uno sforzo serio: l’invito che rivolgo con forza è quello di impegnarsi nell’elaborazione di una progettualità, di un intervento che porti all’acquisizione dell’area e alla realizzazione, in luogo del fatiscente complesso, di una piscina comunale e di impianti sportivi e ricreativi ausiliari, data anche la prossimità dell’area al Palasele e allo stadio comunale “Dirceu”. Si potrebbe pensare, per un intervento di questo tipo, a verificare se ci sono possibilità di ottenere stanziamenti dal CONI oppure anche ad un progetto in project financing, data la scarsa disponibilità di fondi comunali. Ma occorre – e io spero davvero che accada – che i nostri amministratori sappiano gettare il cuore oltre l’ostacolo e superare le logiche asfittiche e di corto respiro che troppo spesso presiedono – anche in perfetta buona fede – all’azione di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica. Vedremo cosa accadrà.

Attachments:
Download this file (foro boario .pdf)foro boario .pdf[ ]80 kB
Download this file (foro boario.jpg)foro boario.jpg[ ]203 kB

Stampa

I sindaci del comprensorio si organizzino per salvaguardare la sanità locale.

E’ notizia di qualche ora fa che la Regione Campania sia arrivata a stilare una prima bozza del piano di riorganizzazione sanitaria sul territorio. Da quel che sembra, se qualcuno avesse sperato di vedere anche solo di nuovo menzionato l’Ospedale Unico della Valle del Sele, beh, sarà costretto a trovarsi, nuovamente, dinanzi a un’amara delusione. Dell’Ospedale Unico, neppure un cenno. Avevamo preso per buone le parole dell’allora neo eletto governatore della Campania, Vincenzo De Luca, quando all’incirca un anno fa, in visita a Eboli a sostegno della campagna elettorale del candidato Pd Antonio Cuomo, incalzato da alcune esponenti del comitato spontaneo delle mamme che invocavano la riapertura del reparto di pediatria al Maria Santissima Addolorata disse: “L’ospedale unico della Valle del Sele ha avuto solo la nomina di un project manager che a differenza di qualche altro non è andato sotto processo. Affronteremo la questione sanità senza vendere fumo. Lavoreremo a un piano di riorganizzazione che tenga conto dei bilanci ma anche dei territori a garanzia del diritto alla salute”. Se si affronta la questione sanità senza buttare fumo negli occhi, non parlare nemmeno più dell’Ospedale Unico della Valle del Sele significa dire chiaramente che non verrà mai realizzato? Il documento elaborato dalla struttura commissariale retta da Joseph Polimeni, ex direttore generale dell’ASL di Lucca, secondo i nuovi standard previsti dal D.M. n. 70 del 02/04/2015 (Regolamento che procede alla definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera) avrebbe l’obiettivo di far uscire la Campania dal piano di rientro sia dal punto di vista dell'equilibrio finanziario sia dal punto di vista dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Il piano di programmazione affronta il problema dei LEA nell’ottica dei nuovi standard del DM n. 70 individuando una ricognizione dei posti letto. Alla provincia di Salerno, che conta 1.105.485 abitanti, spetterebbe una dotazione di 3.877 posti letto. Il piano ne prevede 3.722 pari a 3,37 posti letto per mille abitanti, facendo registrare un leggero incremento rispetto a quelli esistenti che invece sono pari a 3.665. Il piano ospedaliero elaborato dalla nuova amministrazione regionale parte dal Decreto Balduzzi facendo riferimento ai posti letto realmente attivi al 1° gennaio 2013 pari a 18.924 (1.950 per acuti e 1974 per post-acuti). A gennaio 2015 invece i posti letto in Campania erano 18.356 pari al 3,13 per mille abitanti per acuti e allo 0,33 per riabilitazione e lungo degenza. Ora, se il parametro dei 3,7 posti letto per mille abitanti viene rispettato, in Campania si dovrebbero avere complessivamente 21.719 (di cui 17.610 acuti e 4.109 post-acuti). Il piano del commissario Polimeni prevede 20.584 posti letto pari al 3,5 per mille, il che significa che rispetto al 2013 dovrebbe esserci un numero di posti letto aggiuntivi pari a 1.660 mentre rispetto al gennaio 2015 un incremento pari a 2.048 posti letto. L’Ospedale di Eboli nel 1971 aveva ben 611 posti letto, qualificandosi come punto di riferimento assistenziale per una vastissima area geografica ed inglobando grandi professionalità oltre che reparti specialistici; negli anni ’90 veniva classificato come DEA di I livello con circa 300 posti letto, ora diviene presidio ospedaliero di base con 158 posti letto. La vasta estensione territoriale consente di avere da un minimo di 8 a un massimo di 13 punti di assistenza al sistema emergenza-urgenza. Riguardo a questo aspetto, il nuovo piano ospedaliero offrirebbe al territorio 14 punti di accesso alla rete di emergenza-urgenza con un rapporto pari a 1 punto di accesso ogni 92 mila abitanti. L’ospedale Ruggi D’Aragona viene classificato come DEA di II livello al servizio dell’intera provincia con l’acquisizione di nuove discipline quali Odontoiatria, Chirurgia plastica, Reumatologia, Immunologia e centro trapianti, Unità spinale, Neuroriabilitazione. L’ospedale di Salerno si pone come hub nella rete ictus, hub di II livello nella rete cardiologica nonché centrale operativa CTS in quella traumatologica. I presidi di Vallo della Lucania e di Nocera Inferiore sono individuati come DEA di I livello, il primo a servizio dell’area Sud di Salerno il secondo a Nord della provincia. La rete dei pronto soccorso invece comprende gli ospedali di Sarno, Polla, Sapri, Mercato San Severino, Cava de Tirreni, Oliveto Citra, Battipaglia (che si vede potenziato il punto nascite e riconosciuto come sede PST nella rete traumatologica), Eboli (che dovrebbe vedersi potenziate le discipline chirurgiche e mediche oltre a essere riconosciuto come hub di I livello nella rete cardiologica essendo dotato di emodinamica). I nosocomi di Eboli e di Battipaglia hanno registrato, solo nel 2015, oltre 40 mila accessi al pronto soccorso ciascuno. Il Maria Santissima Addolorata e il Santa Maria della Speranza, quindi, restano entrambi all’interno della rete dell’emergenza, il primo orientato all’area cardiologica il secondo all’area chirurgia materno-infantile. Punti di accesso in deroga nella rete dell’emergenza sono le strutture ospedaliere di Castiglione di Ravello; Roccadaspide (con 20 posti letto di area funzionale critica medico-chirurgica-ortopedica e 16 posti letto di lungodegenza); Agropoli (con 20 posti letto di area funzionale critica medico-chirurgica-ortopedica. La struttura inoltre è convertita in centro ambulatoriale a indirizzo oncologico e in struttura residenziale per cure palliative). La Campania, secondo quanto dichiarato dallo stesso governatore De Luca non molto tempo fa, si pone come “l'ultima regione italiana per i Lea, ultima per le liste d'attesa (fino a 270 giorni per una mammografia), ultima per qualità dell'assistenza con la vergogna dei tetti di spesa che lasciano ogni anno per quattro mesi privi di assistenza migliaia di nostri concittadini. E’ necessario riorganizzare la medicina sui territori, costruire le reti dell'emergenza-urgenza, occorre cancellare le immagini delle barelle nei corridoi degli ospedali, ed è necessario ristabilire rapporti civili tra istituzione e strutture private convenzionate. Permane lo scandalo di strutture convenzionate che lavorano senza contratto con le Asl: ancora oggi, a fine 2015, non ci sono i contratti. Occorre - aggiunge - rivedere e riprogrammare prestazioni e tariffe, garantire ai disabili le risorse necessarie, far decollare i programmi per la fecondazione assistita e cancellare la vergogna di una mobilità passiva che sfiora i 300 milioni di euro". Resta, ed è purtroppo marcata da casi e testimonianze sempre più frequenti, l’inefficienza complessiva della rete ospedaliera pubblica legata al cronico blocco del turnover e quindi alla carenza di personale e di figure qualificate mentre permane e si alimenta il grave fenomeno della dilatazione impropria dell’ALPI. I piani di riorganizzazione tendono a un risparmio che sa di beffa: di quale risparmio parliamo se continueremo ad avere, parlando solo ed esclusivamente dei 4 presidi che avrebbero dovuto confluire nell’Ospedale Unico della Valle del Sele, quattro Direttori Sanitari, quattro Direttori Amministativi, quattro Direttori di Farmacia, quattro primari per ogni reparto attualmente esistente e comunque doppioni, e così via…? Nel frattempo però, rispetto alle ormai millantate ipotesi dei reparti previsti nell’Ospedale Unico, scompaiono reparti importanti per i cittadini del nostro comprensorio come ad esempio Gastroenterologia, Oncologia e Pneumologia, non previsti nei quattro ospedali oggi classificati come presidi ospedalieri di base. E’ necessario, e la lancio come sfida agli amministratori locali, incidere affinché all'ospedale di Eboli venga attivata la rete spoke ictus. Si rende indispensabile perché l’attrezzatura in dotazione al presidio ospedaliero, insieme alla rete emodinamica, grazie alla recente acquisizione di aggiornamento tecnologico con ulteriore software ALLURA dell'apparecchiatura Philips in dotazione per lo studio dei vasi sovraortici, permette lo studio vascolare cerebrale. La vicinanza con il centro Ictus della azienda Ospedaliera San Leonardo permette una rapida comunicazione in viabilità per il trasporto dei pazienti. Per di più, la vasta area della Valle del Sele, che ha un alto indice demografico (anche vista la grossa presenza di extracomunitari nelle aziende di allevamenti oltre che nei campi), ha un elemento probabilistico maggiore di eventi accidentali che interessino la zona vascolare e cerebrale molto più alto rispetto alle zone interne. La presenza del reparto di Neurologia in sinergia con altre branche specialistiche (UTIC – Emodinamica – Nefrologia e Dialisi) permette, poi, un'adeguata diagnosi ed un trattamento immediato di eventuali complicanze dei pazienti. L’ospedale di Eboli al centro della Valle del Sele è già collettore per varie emergenze specialistiche come cardiologia-utic, nefrologia e dialisi, della rete ospedaliera limitrofa (Battipaglia, Oliveto Citra, Roccadaspide, Agropoli), considerando i tempi di percorrenza rispetto ad altri ospedali. Lo ribadisco con estrema forza: la politica locale, regionale, nazionale, deve tutelare il diritto alla salute dei propri cittadini. Il sindaco Cariello e la sua amministrazione si facciano promotori di azioni rivolte alla salvaguardia dell’assistenza sanitaria sul territorio e soprattutto agiscano affinché venga rispettato quanto previsto dal famoso decreto n. 49 del 2010. Potrebbero farlo, ad esempio, attivando immediatante un tavolo tecnico tra i vari sindaci del comprensorio, ed attrezzando in tale sede una bozza di documento integrativo da presentare alla regione in relazione al Piano Sanitario in corso di elaborazione. Occorrono fatti, non parole.

Stampa

L'integrazione è arricchimento ed è una scelta obbligata

Sulla scia del discorso intrapreso sulla situazione della sanità locale, questa settimana vorrei dedicare un approfondimento al tema dell'integrazione dei cittadini extracomunitari partendo dalla preziosa riflessione lanciata dal giornalista Vito Pompeo Pindozzi in occasione della lectio magistralis che ha tenuto venerdì scorso qui a Eboli. Una riflessione che ha affrontato temi fondamentali, che appartengono a quel rispetto della dignità umana che noi tutti dovremmo sempre avere quale stella polare del nostro pensare e del nostro agire. A Eboli vivono quasi 10.000 persone di origine straniera, fra comunitari ed extracomunitari, fra regolari e non regolari. Diecimila persone che, in larghissima parte, coltivano le nostre terre, accudiscono i nostri anziani, svolgono i lavori più umili. Ci sono due modi soltanto, io credo, di affrontare un’onda che è inarrestabile, perché profonde sono le ragioni che determinano i vasti movimenti migratori e perché è evidente che un paese che per tre quarti affaccia sulle coste del Mediterraneo difficilmente può immaginare di arginare il fenomeno se non a duro prezzo, in termini di significative rinunce alle regole di civiltà più elementari. Il primo modo è quello di farsi prendere dalla paura, di cercare di respingere chi, per abitudini lingua e religione si percepisce come diverso, come altro da noi. Ovvio, in questo approccio lo straniero, “il barbaro” - per i greci barbaro era di derivazione onomatopeica, laddove i barbari erano coloro che si esprimevano con parole incomprensibili – è quello che vuole ‘imporci’ i suoi costumi e le sue convinzioni, che viene a rubarci il lavoro. E c’è chi – dimentico di quanti italiani siano nel corso dello scorso secolo emigrati in cerca di una vita migliore – su questi sentimenti primordiali getta benzina sul fuoco, è il caso delle ormai xenofobe e lepeniste posizioni di Matteo Salvini e dei suoi accoliti. C’è poi il secondo modo, il modo – che è anzitutto però una disposizione dello spirito, un moto di apertura verso l’altro da sé – dell’accoglienza, quella vera. A questa seconda posizione, credo, si può pervenire però anche attraverso la ragione. Pensando, ad esempio, che in un paese che, com’è l’Italia, invecchia sempre di più, queste persone mantengono vivi i nostri centri storici, svolgono lavori che tanti nostri concittadini non vogliono assolutamente più svolgere e –ma questo nessuno lo dice – con le tasse – parlo in questo caso dei residenti regolari – prodotte dal loro lavoro e con i contributi che versano rendono possibile che alcuni servizi pubblici non vengano tagliati ulteriormente e che le pensioni vengano pagate. Qualcuno lo dice – lo ricordava appunto l’ottimo maestro di giornalismo Vito Pompeo Pindozzi nella lectio – che già oggi 600.000 pensioni di anziani italiani sono pagate grazie ai contributi di lavoratori stranieri? Certo, la presenza di forti concentrazioni di persone straniere in aree geograficamente limitate porta immancabilmente a problemi di convivenza e di difficoltà di integrazione. A Santa Cecilia, a Corno d’Oro, lungo la nostra litoranea gli stranieri che vivono in condizioni precarie, al limite della sopravvivenza, sono migliaia. Ma chi è che affitta loro baracche indecenti e prive di servizi, chi li sottopaga per coltivare le nostre terre? Spesso le stesse persone che poi levano alte grida di indignazione! E non dimentichiamo inoltre che se queste persone d’improvviso partissero tutte nuovamente alla volta dei loro paesi d’origine, l’economia del nostro territorio, fondata essenzialmente sull’agricoltura, collasserebbe, imploderebbe letteralmente. Oggi i problemi dell’integrazione vanno affrontati, con spirito di accoglienza e con intelligenza. A questo proposito – lo accennavo la scorsa settimana parlando di sanità – è un esempio di modo serio ed intelligente di affrontare il problema dell’immigrazione lo sforzo che sta facendo il Ministero dell’Interno per rafforzare molti servizi dell’ospedale Santissima Maria Addolorata di Eboli, primo punto di riferimento per l’assistenza sanitaria ai migranti nella Piana del Sele. E questo va fatto non solo perché è giusto, è doveroso, è profondamente etico farlo, ma anche per tutelare noi stessi: un focolaio di una malattia infettiva non diagnosticata per tempo – ad esempio la tubercolosi – sarebbe difficile da arginare senza adeguate politiche sanitarie. Un’ultima riflessione vorrei dedicarla a un tema che, in comune con quello che sto trattando, ha la paura di fondo, l’irrazionalità che troppo spesso contraddistingue il nostro modo di agire e di pensare. Parlo di questa indecente proposta di legge di iniziativa popolare che mira a riformare in senso peggiorativo, ed ulteriormente, le norme che regolano la legittima difesa. In Italia, oggi, i principi volti a consentire al cittadino di difendersi in modo proporzionale rispetto al pericolo che eventualmente corre sono già affermati nella legge e nella giurisprudenza. Quello che la proposta di legge propone, invece, è il far west, una sorta di legge del taglione che non gioverebbe neanche a chi immagina in tal modo di potersi meglio difendere. I principi di diritto vanno rispettati e difesi, anche quando sembra più comodo non farlo. Mi ha stupito molto, a questo proposito, l’iniziativa presa dai sindaci di Eboli e di Campagna di far affiggere in giro per la città manifesti a propria firma nei quali pare essi sposino acriticamente la proposta di legge sulla legittima difesa. Spero davvero siano stati malconsigliati, che non abbiano letto con attenzione il testo di quella ipotetica riforma.

Stampa

Salvare l'ospedale di Eboli!

Vivo sulla mia pelle, in qualità di medico di base, il quotidiano scoramento dei pazienti, in particolare di tante mamme che, purtroppo, si ritrovano costrette a recarsi presso il nostro ospedale. Servizi sempre più carenti, burocrazia interminabile, liste d’attesa infinite. Mi piange il cuore ogni volta che ascolto questi racconti perché il Maria Santissima Addolorata di Eboli è stato da sempre un fiore all’occhiello della sanità salernitana. Man mano, per precisa volontà politica, è stato ridotto a pezzi, smantellato. Nel 2015 si registravano 117 posti letto ordinari e 24 in day surjery a fronte dei 270 previsti dal decreto 49/2010; 15mila accessi al pronto soccorso a fronte dei 40mila fatti registrare l’anno precedente. Segno del tracollo sempre più incalzante, conseguenza diretta del depotenziamento del nostro ospedale determinato dalle scelte dell’ex Governatore Stefano Caldoro, dell’ex Direttore Generale dell’ASL Salerno Antonio Squillante e dell’ex Direttore Sanitario dell’Ospedale di Eboli Rocco Calabrese. Un’azione di penalizzazione e depauperamento messa in atto da una gestione scellerata, demolitrice che, con la scusa della revisione e del contenimento della spesa sanitaria, ha tagliato le potenzialità del Maria Santissima Addolorata riducendo prestazioni e servizi. Una gestione che prometteva di rientrare nei costi, nascondendo quanto questo avrebbe influito sulla qualità dei servizi sanitari erogati nel nostro territorio. E ciò nel silenzio totale dei rappresentanti locali di quello schieramento politico/amministrativo. Un totale scempio legato alla chiusura di servizi pubblici, di reparti e addirittura di presidi della salute in aree strategiche, completamente passato sotto silenzio. Uno scempio reso ancor più grave dal dirottare i pazienti verso strutture private, svuotando il “pubblico” e arricchendo il “privato”. A fronte di questo depotenziamento nulla è stato fatto per quanto riguarda il più volte promesso potenziamento dell’area cardiologica e neurologica dell’ospedale di Eboli. Se si continuano ad eliminare importanti e qualificanti servizi senza il potenziarne altri, è chiara la volontà di fondo di abbandonare a se stesso il nostro nosocomio. Tutto questo è inaccettabile. Per di più se accade in un contesto in cui quel presidio è non soltanto punto di riferimento per gli ebolitani e i residenti dei comuni limitrofi ma anche e sempre più primo punto di contatto sanitario per i numerosissimi immigrati presenti nell’area della Piana del Sele. Essendo il Maria Santissima Addolorata, appunto, il primo punto di contatto per i cittadini stranieri che hanno bisogno di assistenza sanitaria sul territorio, sembrerebbe che il Ministero degli Interni abbia finanziato per circa 800 mila euro il nostro nosocomio proprio per attività sanitarie legate al primo soccorso ai migranti. Questo sarebbe segno dell’importanza che il Governo riconosce all’ospedale ebolitano! Mentre la politica locale in questi anni ha solamente fatto di tutto per ridurne il prestigio e l’efficienza! A vantaggio di chi? Individuate le somme per la costruzione dell’Ospedale Unico della Valle del Sele, dopo il decreto n. 49 nel 2010 che cosa è accaduto? L’ex governatore Caldoro non ha mai dato seguito a quanto stabilito per decreto, dichiarando la struttura non più attuale con il decreto n. 82 del 2013 e i politici del suo schieramento oggi al governo della città hanno taciuto e agito in silenzio facendo in modo che la questione cadesse nel dimenticatoio. Anzi, si è dato modo di procedere alla chiusura dei reparti di Ostetricia e Pediatria, ulteriore attività di depotenziamento che è andata avanti mesi con lo spostamento di tutta l'area materno-infantile da Eboli a Battipaglia. Allo spostamento avvenuto all’epoca di Squillante di Ostetricia ha fatto seguito, difatti, quello operato più di recente di Ginecologia. Un depotenziamento che ha portato a registrare 3.700.000 euro di mancato introito derivante dal pagamento dei ticket da parte dell’ospedale di Eboli a fronte di soli 147.000 euro di risparmio della spesa. Operazione che, purtroppo, oggi mette in discussione non solo il ruolo del plesso ospedaliero ebolitano ma anche e soprattutto l’efficienza dei servizi sanitari erogati nel nostro territorio e per i nostri concittadini. Senza dimenticare poi lo scandalo dell’ALPI e il sistematico esercizio di gonfiare stipendi e prestazioni fino ad arrivare a guadagnare cifre che vanno dai 100mila euro giungendo ad oltre i 350mila euro. Nel solo anno 2013 l’ALPI è costata alle casse dell’ASL ben 75milioni di euro, una cifra eccezionale se si considera i tagli con l’ascia che il Direttore Generale dell’ASL Salerno ha riservato alla nostra sanità con il falso presupposto della “Revisione della Spesa”. L’ALPI è, difatti, l’unica voce che aumenta sistematicamente nei conti dell’ASL nel corso degli ultimi anni. Il Piano di Rientro messo in piedi all’epoca dalla gestione dell’ASL di Squillante e di Spinelli ha gettato solo fumo negli occhi. Con la chiusura del polo materno – infantile, la mancata attivazione dell’ h12 o dell’h24 per quanto riguarda l’emodinamica, il mancato trasferimento della neurologia ad Eboli, il caos creato con l’accorpamento di Otorino e Chirurgia (conseguente all’apertura di Oculistica) e la chiusura prolungata di ambulatori come Gastroentorologia, l’Asl ha finto di risparmiare, riducendo anzi gli introiti dell’Ospedale di Eboli di 3.700.000 per la riduzione degli incassi derivanti dal pagamento dei tiket sanitari. Quello che si spende in un anno di ALPI (75 milioni di euro) basterebbe a finanziare il famoso Ospedale Unico della Valle del Sele se si risparmiassero solo tre annualità di questo scandalo. Allora basta! Quello alla salute è un diritto costituzionalmente garantito e non può essere violato in questo modo! Al governatore Vincenzo De Luca chiediamo di intervenire contro lo scempio di cui il SS. Maria Addolorata è stato vittima insieme all’intera città di Eboli. Chiediamo di ripristinare il decreto 49/2010 e di salvare un territorio che la mala gestione del centrodestra ha per troppo tempo relegato al ruolo di vittima in nome di interessi concentrati altrove. Occorre una vera inversione di tendenza, partendo almeno dalla creazione di una "guardia pediatrica” attiva dalle ore 8 alle ore 20, di una “guardia ostetrico-ginecologica” allo stesso modo attiva dalle ore 8 alle ore 20. L’amministrazione comunale tuteli il diritto alla salute dei suoi concittadini e si faccia promotrice di iniziative presso gli enti preposti e competenti per cercare di non far morire il nostro ospedale. E’ necessario rompere il silenzio, il sindaco di Eboli, massima autorità sanitaria sul territorio, ha il dovere morale prima ancora che amministrativo di garantire la disponibilità e l’accesso alle cure di chiunque ne abbia bisogno. Il sindaco di Eboli, come già accaduto in altre realtà della nostra provincia, si ponga in prima linea, coinvolga tutti i sindaci del comprensorio per farsi promotore delle istanze, delle esigenze, delle richieste che arrivano non solo dai suoi concittadini ma anche dai residenti dei comuni limitrofi che si sono visti spogliati dell’accesso ai servizi sanitari e che hanno l’ospedale di Eboli come primo punto di riferimento!

Stampa

Altri articoli...

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookies Policy.